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Le professioni intellettuali: verso una nuova interpretazione del tempo

11 Agosto 2012 News

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione sul tempo nel lavoro post fordista, a cura di Benedetta Crippa, graphic designer, che su questo argomento ha sviluppato la sua tesi di laurea.

«Tutti gli uomini, di tutte le epoche, e ancora oggi, si dividono in schiavi e liberi perché chi non dispone di due terzi della sua giornata è uno schiavo, qualunque cosa sia per il resto: uomo di stato, commerciante, impiegato statale, studioso» — Friedrich Nietzsche

Nei Paesi sviluppati del contesto occidentale, circa il 40% dell’economia si basa, e si baserà sempre più, sui cosiddetti “lavoratori della conoscenza”. [1] Appartengono a questa categoria gli operatori delle attività intellettuali: quelle professioni che – producendo idee, informazione, conoscenza – costituiscono oggi il motore trainante di quella che fin dal 2000 è stata definita come “Economia creativa”.
Molti si possono riconoscere in questa fetta dell’Italia sempre più in espansione: architetti, designer, avvocati e giornalisti, ma anche scrittori, traduttori, docenti, e consulenti di vario genere.

Le professioni intellettuali, o creative, sono accomunate da alcuni tratti fondamentali come la mancanza parziale o totale di fatica fisica, il ruolo fondamentale giocato dalle facoltà mentali della persona, la centralità della motivazione individuale, la predominanza dello scopo espressivo piuttosto che strumentale del lavoro, la necessità di un periodo di apprendimento medio-lungo (al contrario del periodo di apprendimento breve o molto breve occorrente alle professioni operative). Il lavoro intellettuale è inoltre scollegato da definite unità di tempo e di luogo, dal sincronismo e dalla compresenza fisica; non è in contrasto con il riposo fisico (come invece lo è, per sua natura, il lavoro operativo); ed in particolare, nel lavoro intellettuale il tempo perde la sua valenza quantitativa a vantaggio di quella qualitativa.
È proprio per tali caratteristiche peculiari che le professioni intellettuali necessitano oggi di una rivisitazione complessiva dei concetti di lavoro e di tempo.

A partire dalla Rivoluzione Industriale il rapporto con il tempo è stato ridefinito in maniera radicale, arrivando a coordinare le economie – e le vite – a livello globale grazie a strumenti di misurazione di straordinaria precisione. Tutti noi ci troviamo fin dalla nascita catapultati in un sistema dotato di norme, vincoli, fasi già ben stabilite; una vera e propria griglia spaziale e temporale interiorizzata al punto che, come evidenzia la sociologa Angela Perulli, difficilmente riusciamo ad immaginare forme temporali alternative alle nostre.

In particolare in Italia, è ancora il modello temporale di stampo fordista quello attraverso cui viene gestita e amministrata la maggior parte dei luoghi di lavoro: elemento chiave sono le consuete otto ore lavorative, paradigma di ogni impegno e retribuzione, insieme alla divisione netta fra lavoro e “vacanza”, fra “tempo di lavoro” e “tempo libero”, oltre alla costrizione in luoghi e orari definiti.
Ma se una tale impostazione – per quanto dallo stesso Marx definita “alienante” – può risultare parzialmente efficace nel caso delle professioni operative, ecco che si rivela inadeguata quando entrano in gioco le professioni intellettuali.

Come sottolinea il sociologo Domenico De Masi, “nel lavoro creativo è insito un rapporto con il tempo molto più imprevedibile, capriccioso, soggettivo” [2], eppure milioni di individui svolgono oggi professioni di tipo intellettuale secondo modalità temporali e organizzative tipiche del lavoro manuale o operativo.
C’è la necessità di comprendere a fondo il significato, le implicazioni e le esigenze dell’impegno intellettuale, e studiare nuove impostazioni del lavoro e del tempo che possano rispondere a tali esigenze.

Alcune delle realtà più avanzate del mondo dimostrano di muoversi in maniera decisa verso questa direzione: a partire da aziende come Google, Pixar e IDEO, che negli anni recenti hanno riorganizzato i propri uffici in un’ottica di apertura alla condivisione, al gioco e alla generazione delle idee [3]; o la 3M, che arriva a incoraggiare i propri dipendenti ad utilizzare ben il 20% del tempo passato in ufficio per lavorare a progetti di propria concezione [4]. Sistemi di organizzazione del lavoro per obiettivi come il ROWE [5] – dove non importa dove sei, cosa fai, o la quantità di ore di lavoro, ma solo i risultati raggiunti – stanno dando segnali di un cambio di mentalità importante.

La situazione italiana è ancora contraddistinta dall’arretratezza: lo studioso Giannino Malossi [6], nel corso del convegno “La creatività nelle professioni” tenutosi alla Libera Università di Bolzano nel 2007, osserva come oggi le imprese non siano ancora capaci di sviluppare una relazione serena con la cultura ed in particolare con il lavoro intellettuale-creativo.

La scarsa circolazione delle riflessioni sull’economia della conoscenza in Italia ha permesso il perdurare di una mentalità arretrata all’interno della maggior parte delle aziende sul territorio nazionale, comprese molte aziende della moda e del design, che non ha avuto accesso agli strumenti analitici per poter cogliere la reale portata delle risorse immateriali del lavoro creativo.

Malossi aspira alla formazione di una “industria ibrida”, capace di far convivere serenamente la produzione materiale e quella immateriale propria delle professioni intellettuali, superando il timore delle aziende nei confronti dell’autonomia spaziale e temporale insita nel lavoro creativo.

“Il lavoro creativo è il nuovo lavoro post-fordista”, afferma l’architetto e designer Andrea Branzi. Quale tempo per il lavoro del futuro?
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[1] http://www.workfoundation.co.uk/assets/docs/publications/53_exploiting_europe.pdf
https://www.actainrete.it/2010/11/chi-sono-e-cosa-vogliono-i-lavoratori-della-conoscenza-un%E2%80%99intervista-a-sergio-bologna/
[2] Domenico De Masi, Ozio creativo, BUR, Milano 2006, p.207
[3] http://www.fastcodesign.com/1664735/what-schools-can-learn-from-google-ideo-and-pixar
[4] http://37signals.com/svn/posts/1804-how-playtime-is-responsible-for-post-it-notes-lasik-and-more/
[5] http://www.ted.com/talks/lang/en/dan_pink_on_motivation.html
http://en.wikipedia.org/wiki/ROWE
[6] Giannino Malossi, La creatività nelle professioni della moda, 2009, p.9
www.actainrete.it/wp-content/uploads/2010/08/Creativita_professioni_moda.pdf

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2 Commenti

  1. Pingback: benedetta crippa
  2. Andrea

    Reply

    Parole sante!!!

    20 Ago 2012

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di ACTA tempo di lettura: 4 min
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