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ISCRO, Una rivoluzione mancata

4 Gennaio 2021 Diritti, News

Solitamente il nostro approccio è propositivo e costruttivo, ma in questo caso il nostro giudizio è fortemente critico.

Stiamo parlando dell’ISCRO, un acronimo scelto per definire un’indennità che, teoricamente, dovrebbe rappresentare qualcosa di simile a una cassa integrazione per i lavoratori autonomi (vedi box in fondo). Questa misura, istituita con l’ultima legge di bilancio (pag 71 comma 386 e seguenti), è stata presentata come una rivoluzione, ma non lo è.

La proposta appariva innovativa in epoca pre-Covid, quando fu redatta all’interno del tavolo delle associazioni professionali presso il CNEL, a cui ha preso parte anche ACTA, ma si è dimostrata totalmente insufficiente alla luce della drammatica esperienza che stiamo vivendo. Un po’ tutti abbiamo sperimentato, spesso per la prima volta, che cosa significhi restare con poco o senza lavoro ed è aumentata la nostra sensibilità su un tema rispetto al quale nel passato eravamo piuttosto tiepidi.
Con questa nuova consapevolezza abbiamo condiviso un comunicato stampa che auspicava l’introduzione di un ammortizzatore sociale per i lavoratori autonomi, a partire dalla proposta del CNEL.

Dopo che indagini e dati ufficiali hanno mostrato che i lavoratori autonomi sono quelli che più hanno pagato la crisi, e dopo che il governo, nell’oggettiva difficoltà di fornire loro un sostegno, ha dovuto inventare nuovi strumenti (bonus e ristori vari), non sempre adeguati anche perché decisi in emergenza, ci attendevamo un intervento di ampio respiro, che fosse il frutto di un ragionamento condiviso e profondo, che facesse tesoro di tutti gli insegnamenti che la crisi ci ha impartito.
Ma non è accaduto.

La misura adottata appare un contentino, più simbolica che reale, atta a dimostrare di aver fatto qualcosa, non a costruire un efficace sistema di ammortizzatori sociali per chi è escluso da quello attualmente esistente.

Anche se apprezziamo che si sia deciso di intervenire per creare una forma di supporto ai lavoratori autonomi che sperimenteranno un calo drastico del proprio reddito, siamo profondamente delusi.
In sintesi, la misura approvata è assolutamente inadeguata, perché

  • riguarderà pochissime persone,
  • è previsto che arrivi troppo tardi per essere utile,
  • prevede una condizionalità, la formazione obbligatoria, che riteniamo sia più utile agli enti formativi che ai professionisti,
  • determinerà un aumento certo dei contributi a fronte di benefici incerti.

Una inadeguatezza che emerge con forza con l’esperienza della pandemia.

ISCRO: una misura per un target molto selezionato

L’ISCRO riguarda esclusivamente coloro che:

a. sono iscritti alla Gestione Separata da almeno 4 anni;
b. hanno registrato un calo del reddito di almeno il 50% rispetto alla media dei redditi del triennio precedente;
c. nell’anno per cui si chiede il sostegno abbiano avuto un reddito non superiore a 8.145 euro;
d. non abbiano cessato l’attività.

Sulla base del punto a, restano esclusi non solo gli autonomi tradizionali (commercianti, artigiani…) e i professionisti ordinisti (che afferiscono a casse private, dotate di autonomia gestionale e operativa e restie ad accettare interventi decisi dallo Stato), ma anche moltissimi professionisti non ordinisti che sono iscritti ad altre gestioni INPS (molti sono iscritti alla cassa artigiani o commercianti o ex-Enpals), o vagano da una modalità contrattuale all’altra, adattandosi a ciò che i committenti offrono, e che quindi difficilmente potranno far valere un’anzianità di 4 anni. Così come i più giovani, che restano tagliati fuori di principio.

Inoltre, non sono presi in considerazione tutti quei lavori svolti senza versamento contributivo: lavoro in regime di diritto d’autore, collaboratori occasionali, stage – un insieme sempre più numeroso, come è emerso anche durante la pandemia.

La combinazione dei punti b, c e d restringe ulteriormente la platea dei beneficiari. Per esempio, un/una professionista con un reddito medio di 30.000 euro lordi (inferiore alla mediana dei redditi dei professionisti, calcolata sulla base dei dati EU-Silc 2018), dovrà subire una diminuzione di oltre due terzi per accedere al sostegno! Né d’altra parte potrà accedere un/una professionista con un reddito bassissimo, ad esempio 10.000 euro, che ha visto una riduzione a 6.000 (ben al di sotto della soglia di 8.145 euro), in quanto non è soddisfatta la condizione b (contrazione del 50% del reddito).

In sostanza, la probabilità di ricadere nelle fattispecie previste è davvero limitata.

Le indennità servono nel momento di necessità, non dopo!

Se un/una professionista ha una sensibile riduzione del reddito, l’intervento di sostegno deve essere fornito in tempi brevi, altrimenti perde gran parte della sua utilità.

La drastica riduzione dei compensi degli ultimi 10-15 anni ha fortemente ridotto le possibilità di risparmio di molti lavoratori autonomi, che per questo non sono preparati ad affrontare cali repentini degli incassi, specie se non possono contare sulla rete familiare.
Una consapevolezza che il governo ha dimostrato di avere nella gestione della crisi Covid, durante la quale ha infatti cercato di essere tempestivo negli interventi.

Nel disegnare l’ISCRO questa consapevolezza è andata perduta.

La domanda per accedere all’ISCRO deve essere presentata all’INPS solo l’anno successivo alla riduzione del reddito, entro il 31 ottobre. L’Agenzia delle Entrate dovrà verificare quanto dichiarato e quindi l’INPS procederà all’erogazione. Nella migliore delle ipotesi il contributo arriverà dopo un anno; se Agenzia delle Entrate e INPS non saranno efficienti (come purtroppo capita spesso), ci saranno ulteriori ritardi. Date le drammatiche condizioni richieste per l’accesso, a quel punto si rischierà di ricadere nel caso d, perché costretti a chiudere l’attività.

Accesso all’ISCRO condizionato dalla formazione obbligatoria

L’ISCRO nasce come uno strumento di politica passiva del lavoro.

Per usare un parallelo con il lavoro subordinato, vuole essere un trattamento in costanza di rapporto (in questo è assimilabile alla cassa integrazione e non alla Naspi) e come tale non dovrebbe prevedere l’obbligo di partecipare alla formazione. A maggior ragione questo dovrebbe valere per i lavoratori autonomi, che presumibilmente dovranno utilizzare il tempo di non lavoro per cercare nuove commesse.

Non è per altro detto che il calo di commesse sia connesso a una necessità di aggiornamento o riqualificazione professionale: spesso si tratta solo di procurarsi nuovi committenti.

La formazione obbligatoria inoltre non sarà a costo zero per i lavoratori autonomi, in quanto sarà finanziata dall’aumento del contributo assistenziale che andrà ad accrescere le risorse a disposizione delle politiche attive del lavoro e, viste le difficoltà per i professionisti a ricadere tra i beneficiari dell’ISCRO, è probabile che servirà a finanziare formazione e altri servizi di cui usufruiranno altri beneficiari.

Con l’ISCRO la Gestione Separata conferma il suo ruolo di bancomat

Abbiamo lasciato per ultima la questione della contribuzione, ma non perché sia la meno importante.

Durante i confronti presso il CNEL si era convenuto di poter aumentare i contributi al massimo dello 0,28%, ma, prima di definire l’aumento, si era chiesto di:

a. controllare come e quanto viene attualmente speso lo 0,72% che gli iscritti alla Gestione Separata già versano per l’assistenza. Da calcoli fatti nel passato, ci risultava che ci fosse un ampio avanzo (solo la metà di quanto versato veniva redistribuito sotto forma di indennità);
b. verificare la disponibilità di fondi europei per la formazione;
c. fornire simulazioni che permettessero di valutare appieno la fattibilità della proposta.

Questi passaggi sono stati saltati ed il risultato è che ci troveremo con un aumento della contribuzione (0,26% nel 2021, ma 0,51% dal 2022) che è quasi il doppio di ciò che era stato accettato come massimo. La Gestione Separata, dall’anno della sua istituzione, il 1995, contribuisce a coprire il passivo di altre gestioni non solo con l’avanzo sulla previdenza, ma anche con quello sull’assistenza. Con questa nuova misura i lavoratori autonomi della Gestione Separata vedranno aumentare i contributi da versare, a fronte di una probabilità molto bassa di poterne usufruire in caso di reale bisogno. Il rischio è che direttamente (con l’aumento dell’attivo della voce assistenza) e indirettamente (con il finanziamento delle politiche attive a cui i professionisti non riusciranno ad accedere) l’ISCRO rafforzerà il ruolo di bancomat della Gestione Separata.

ISCRO, si può ancora cambiare e fare davvero una rivoluzione

Con l’ISCRO non si è colta l’occasione di varare una riforma inclusiva del welfare che superasse le distinzioni contrattuali e le divisioni di casse previdenziali, presenti anche entro l’INPS, e includesse anche i lavoratori non subordinati che al momento non sono assicurati presso nessuna cassa. La crescente fluidità del lavoro richiede interventi che vadano verso l’omogeneizzazione del welfare, attualmente diviso in compartimenti che non comunicano, in modo da poter assicurare la cumulabilità di indennità maturate in parallelo su gestioni diverse e continuità delle tutele. L’ISCRO al contrario rende ancora più stagne le divisioni. Con il vincolo dei 4 anni di pregresso contributivo nella Gestione Separata i cambi contrattuali saranno ancor più penalizzanti.

Riteniamo, tuttavia, che ci sia ancora il tempo e la possibilità di andare oltre questo timido primo passo, di fare tesoro della drammatica esperienza della pandemia attuale per introdurre un sistema del welfare per tutti i lavoratori autonomi che sia realmente inclusivo, universale e efficace. Le nostre osservazioni critiche e la nostra proposta di riforma sono il nostro contributo in questa direzione.

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ISCRO, Indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata INPS

Fase sperimentale: triennio 2021-2023

Copertura: incremento dell’aliquota: + 0,26% nel 2021 e + 0,51% nel 2022 e 2023.

Requisiti: lavoratori autonomi che:
a. non sono titolari di trattamento pensionistico diretto e non sono assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie;
b. non sono beneficiari di reddito di cittadinanza;
c. hanno prodotto un reddito di lavoro autonomo, nell’anno precedente la presentazione della domanda, inferiore al 50 per cento della media dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nei tre anni precedenti l’anno anteriore la presentazione della domanda;
d. hanno dichiarato nell’anno precedente alla presentazione della domanda un reddito non superiore a 8.145 euro;
e. sono in regola con la contribuzione previdenziale obbligatoria;
f. sono titolari di partita Iva attiva da almeno quattro anni alla data di presentazione della domanda, per l’attività che ha dato titolo all’attuale iscrizione alla gestione previdenziale.

Importo e durata:
L’indennità è erogata per sei mensilità ed è pari al 25%, su base semestrale, dell’ultimo reddito liquidato dall’Agenzia delle entrate, non può in ogni caso superare il limite di 800 euro mensili e non può essere inferiore a 250 euro mensili.

– Il contributo è applicato sul reddito da lavoro autonomo con gli stessi criteri stabiliti ai fini IRPEF
– La prestazione può essere richiesta una sola volta nel triennio.
– L’erogazione dell’indennità è accompagnata dalla partecipazione a percorsi di aggiornamento professionale
– La cessazione della Partita Iva nel corso della erogazione dell’indennità ne determina l’immediata cessazione

ACTA

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ISCRO, Una rivoluzione mancata

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