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Garanzie per gli autonomi sono necessarie, la valutazione e i pochi fatti sono bipartisan

30 Dicembre 2009 Diritti, Lavoro, Previdenza

Segnaliamo due articoli pubblicati ieri sul Corriere della Sera e che affrontano alcune problematiche relative al lavoro professionale autonomo:

“Brunetta: gli autonomi? Servono più garanzie ma no agli ammortizzatori”

di A.Jac.

MILANO – Gli ammortizzatori sociali tornano alla ribalta della cronaca. Nodo cruciale della crisi italiana, emblema di quella coperta troppo corta. A tornare sull’argomento il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta che intervistato da Sky Tg24 ha sottolineato la sua posizione: «Gli ammortizzatori sociali non possono essere estesi ai lavoratori autonomi». Secondo il ministro «sarebbe un controsenso. Il lavoro autonomo è fatto di maggiori profitti, quando ci sono, ma anche di maggiori rischi. Quindi pensare di ammortizzare tutti vorrebbe dire addormentare il sistema». E aggiunge (dettaglio non da poco), «in forme troppo costose».

Gli ammortizzatori sociali funzionano bene nella grande industria ma creano problemi «quando si passa alla piccola e media impresa, all’artigianato e a quelle forme ibride tra lavoro dipendente e lavoro autonomo». E quindi per il ministro l’ipotesi di revisione degli ammortizzatori sociali, è una strada ancora tutta in salita, «c’è tanto lavoro da fare, e c’è bisogno di dare maggiori garanzie».

La pensa in modo diverso l’opposizione. «Il governo deve decidersi e mettere d’accordo i suoi ministri» ha dichiarato Cesare Damiano, capogruppo pd in commissione Lavoro della Camera. Perché «sugli ammortizzatori sociali bisogna fare in fretta nel tempo della crisi».

Damiano ha criticato l’affermazione di Brunetta sul fatto che questi strumenti di tutela valgano in particolare per l’impresa medio grande: «E un’affermazione legata a una situazione del passato, ormai superata». Quella degli ammortizzatori sociali è una riforma «di cui l’Italia ha assolutamente bisogno», perché secondo l’esponente del Pd, il Paese delle piccolissime imprese e del lavoro precario ha bisogno di «misure strutturali e non di interventi tampone». Non comprendere questo significa «non vedere che la crisi colpisce ogni dimensione di impresa e che la distinzione tra lavoro dipendente e autonomo è sempre più sottile».

Le tre agende degli invisibili – Professionisti e partite Iva, agenda (possibile) per i piccoli”

di Dario Di Vico

Nel 2009 gli Invisibili hanno messo la testa per la prima volta fuori della loro (frustrante) condizione sociale. Se ne è cominciato a parlare e si è anche prodotta della buona letteratura sociologica. Racconta che racconta, dopo l’inventano delle doléances è spuntata fuori anche qualche idea. Anzi più d’una, al punto che si è fantasticato di un’Agenda degli Invisibili. Se vogliamo essere più precisi e meno generici, forse più che di un unico libro-mastro c’è bisogno di un’agenda delle piccole e medie imprese, di una delle partite Iva e di una dei professionisti. Sono molti i punti in comune ma anche tante le différenze.

E se c’è una cosa che abbiamo imparato in questa lunga, lunghissima uscita dal Novecento è che le differenze sono il sale della società. E allora proviamo pure a scrivere un’ipotetica scaletta per il nuovo anno.

Le piccole imprese resistono ma non hanno finito di soffrire. Si tengono ben stretti i dipendenti, non vogliono assolutamente licenziarli. Il loro Capitale sarà esiguo ma non ha alcuna intenzione di configgere con il Lavoro. Con tanti saluti a quanti nel 2009, ministri e addirittura vescovi, hanno proposto di rivalutare il povero Marx. Cambino letture. Per evitare per che la crisi li spiazzi i Piccoli dovranno sposare altri Piccoli.

Se sono fornitori terzisti si dovranno aggregare e creare delle reti (una parola che già fin d’ora si candida ad essere protagonista nel 2010), se invece dai loro capannoni tirano fuori già un prodotto finito dovranno studiare un po’ di marketing e capire cosa succede nei Paesi emergenti. Ma dovranno anche diventare un po’ pi maliziosi: l’oroscopo dice che nei primi mesi dell’anno nuovo saranno corteggiate dalla politica ed è facile mettere ci in stretto collegamento con le Regionali di fine marzo.

Il governo ha già detto che il prossimo sarà l’anno della riforma fiscale, bisognerà prenderlo in parola e studiare le carte per tempo. Per quei Piccoli che vivono e apprezzano le associazioni di rappresentanza il 2010 potrebbe portare una grossa novità. Ben cinque Conf (Confesercenti, Confcommercio, Cna, Confartigianato e Casartigiani) dovrebbero mettersi assieme esemplificare il campo.

Quando si tratta di unirsi in Italia è sempre meglio aspettare il sì definitivo (ricordate quante volte è stata annunciata l’unità sindacale di Cgil-Cisl-Uil?), ma la via sembra tracciata.

Le partite Iva in extremis un piccolo risultato l’hanno ottenuto. Nella Finanziaria ci doveva essere un inasprimento del prelievo per la gestione separata dell’Inps e poi invece la maggioranza di governo ha cambiato idea. Meno male, sarebbe stata un’ingiustizia. Ma i problemi che ha davanti il lavoro autonomo sono così tanti che un anno non basta.

Sarebbe già importante che nei prossimi dodici mesi si cambiassero gli occhiali. E invece di inneggiare alla straordinaria vitalità del popolo dell’Iva si mettesse mano a qualche modifica che salvi il bambino (la voglia di rischiare) e getti l’acqua sporca (le troppe penalizzazioni). Qualche suggerimento è venuto dalle sigle che si sforzano di dare rappresentanza ai parasubordinati, si tratta di sedersi a un tavolino e procedere. Il buon esempio l’hanno dato Giuliano Cazzola (Pdl) e Tiziano Treu (Pd) che hanno messo in un testo bipartisan per rivisitare il welfare. Chapeau. Se poi nel 2010 si decidesse cosa fare degli studi di settore non sarebbe male, così non si va da nessuna parte.

Anche i professionisti attendono che la politica si muova. Dopo l’indagine conoscitiva del Parlamento si dovrebbe fare qualche passo in avanti. Il clima sembra essere cambiato e c’è gente dentro gli Ordini e fuori che ha delle buone soluzioni da proporre. E vecchi steccati da far cadere. Preoccupano, invece, i rapporti tra senior e junior, tra i professionisti affermati e le giovani reclute: un segnale va dato sennò davvero per tanti laureati prendere la via di Chiasso sarà inevitabile.

ACTA

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2 Commenti

  1. Gian Franco

    Reply

    Come accennato in più circostanze da Adele, è ora che cominciamo a definirci come categoria, per quanto variegata possa essere, e cominciare a farci chiamare con il nostro nome. Da giornalisti, da politici, da chiunque.

    30 Dic 2009
  2. Massimo Lucangeli

    Reply

    Bisogna costituire un Sindacato dei Liberi Professionisti con partita iva senza albo. Questa solo è la strada maestra per impostare un confronto costruttivo con le Istituzioni. Finchè parla 1 o 1000 Associazioni non riconosciute, per quanto dotate di buona volontà esse siano, non andremo da nessuna parte. Basti guardare all’ultima Finanziaria…nemmeno una piccola disposizione per il popolo delle piccole partite iva, mentre sono arrivate “mance” anche per le scuole private, per le università private, per le radio private, per gli autotrasportatori, etc: solo un caso? Massimo Lucangeli

    4 Gen 2010

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Garanzie per gli autonomi sono necessarie, la valutazione e i pochi fa…

di ACTA tempo di lettura: 4 min
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