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Consiglio: direttivo! Evitare gli aperitivi Acta. 1a parte

25 Gennaio 2019 Vita da freelance

Riceviamo da un giovane socio che forse ha fatto il passo in avanti. E integralmente pubblichiamo… in due puntate.

Basta veramente poco. Vai a un aperitivo per fare networking ma ti dimentichi di stampare i biglietti da visita, così schivi gli utilitaristi e ti ritrovi in questo capannello in cui si parla di flat tax, Quota 100, contribuzione Inps, e non sono neanche tutti d’accordo, ma discutono come se, alla fine, cercassero di prendere tutti la stessa strada. Senti volare parole pesanti come Acta, Consiglio Direttivo, statuto del lavoro autonomo.

Se riflettessi un secondo su quello che hai appena pensato – e se avessi imparato qualcosa in tutti quegli anni nelle balere della Riviera – controlleresti immediatamente il fondo del cocktail, per vedere se qualcuno ci ha sciolto una pillola magica. E invece cominci pure ad ascoltare, e dovresti andare in bagno ma aspetti perché sta parlando Susanna, che dice di non essere arrivata da tanto, ma ha ben presente il momento in cui si è convinta a “entrare”: «Ero al Macro a vedere una presentazione del gruppo romano di Acta, avevo appena finito di ascoltare il discorso della presidentessa. Aspettavo già il momento di gelo che segue ogni richiesta di domande al relatore quando ho cominciato a vedere che tra il pubblico si alzavano ora uno, poi l’altro, e poi ancora un’altra, a raccontare la loro storia di freelance, con una regia perfetta, una simultaneità di decisione e tempismo (e per me che sono un’interprete la simultaneità è tutto!) mai vista. Mi sono ritrovata in pochi minuti già perfettamente convinta e impaziente di unirmi a quel gruppo fatto di persone vere, di storie individuali, di parole fondate sull’esperienza e sulla competenza e, soprattutto, aperto verso gli altri…».

E sembra proprio che ci creda, questa loquace napoletana; sostiene addirittura che nell’associazione non c’è campanilismo, che i milanesi si comportano da esseri umani emotivamente funzionanti e i romani quasi quasi non li riconosci. Ecco, hai cominciato veramente a prestare attenzione e allora ti trovi a braccetto con Ugo, che oltre a essere un milanese purosangue dimostra anche una verve da killer del dancefloor d’altri tempi. Comincia a farti domande sul tuo lavoro poi passa subito al basket: racconta che da giovane si allenava con Marzorati, uno dei cestisti italiani più forti di sempre. Anche lui è molto convincente e, se non ti dicesse che lavora nella pubblicità, gli crederesti subito.

Susanna intanto sta ricordando tutte le volte in cui: «Siamo riusciti a “quagliare”, e allora ho capito che parole come “coalizione”, “diritti”, “libertà di scelta”, “divisione dei compiti”, “competenza”, “obiettivi comuni” e “decisioni condivise” possono davvero rispecchiare quello che si è, si fa e si crede».

Ugo, da vero milanese, ti prende in disparte e va al sodo: «In Consiglio è proprio bello! Si respira un’aria di libertà, stima, calore che mai mi è capitato di vivere in altri contesti “politici”. Certo impegna, ma anche appaga. Senza Acta non ci sarebbero state cose che fanno la differenza per ogni freelance: INPS al 25% invece che al 33%, solo per parlare di soldi. E qui tocco un tasto delicato, che a volte mi fa anche un po’ incazzare: possibile che un freelance non voglia cacciare 30 o 50 euro in un anno per dare una mano alle attività di Acta? …mah!?».

Ed è il primo momento in cui ti sale il dubbio: non è che vogliono convincerti a candidarti per il Consiglio Direttivo? Tra l’altro, se hai capito bene, non c’è retribuzione né auto blu, quindi lavoro gratuito che, anche se sei un freelance alle prime armi, hai imparato ad associare all’immagine di un campo di cotone del Mississippi.

Intanto Ugo ti ha spinto di nuovo nel capannello. Fabio, che viene dai collettivi studenteschi e dai centri sociali romani, sta raccontando della volta in cui ha provato a spiegare a Landini che intervenire a un dibattito per discutere del lavoro di nuova generazione fa parte del suo lavoro, anche se per quell’intervento non è stato pagato. Deve essere un tipo a cui piacciono le missioni impossibili, questo Fabio. Proprio mentre ti assenti col cervello per un secondo eccolo che ti batte una mano sulla spalla e dice: «Il Consiglio Direttivo è STRAFICO o, come direbbero i milanesi, STRAFIGO». E allora sei quasi certo che ti stiano intortando. Riconosci la tecnica del gioco delle tre carte che vedi sempre in autogrill, ma qui il mazziere chi è?

D’altronde tutte queste relazioni sociali tanto intense ti stressano un po’. A stare in casa a lavorare da solo tutto il giorno non ci sei più abituato; così ti butti su una poltroncina e da bravo millennial apri YouTube. Ti scappa un tap sui video consigliati e ne parte uno assurdo. Un’immagine fissa, un ritratto di Max Weber su uno sfondo vaporwave, ha come audio la flemma marziale di un sintetizzatore vocale. Apri i sottotitoli.

Io sono il più anziano del Consiglio Direttivo. Non ricordo bene quando son nato, è passato tanto tempo… mi chiamano Bologna, Sergio Bologna. Per non sfigurare mi presento alle riunioni in pantaloni corti, quelli di cuoio, alla bavarese. Un giorno quello del coworking dove ci riuniamo mi ha detto, con aria molto seccata, “Scusi, qui non c’è mica l’Oktoberfest!”. Io ci sono rimasto male e per un po’ non sono più andato alle riunioni. Le ragazze (io le chiamo ragazze) sono sempre molto gentili con me e quando arrivo tutte mi offrono il loro posto a sedere. Io sono un po’ imbarazzato e la cosa non mi fa poi tanto piacere, perché allo specchio non mi sembra di essere molto invecchiato. Anzi, qualcuno dice che i miei 131 non li dimostro. In metrò invece, dove faccio fatica a stare in piedi, son lì che guardano tutti dentro il telefonino e nessuno si alza. Dentro di me penso, “ma guarda questi zoticoni, se sapessero che sono un freelance!”. Nel Consiglio Direttivo siamo molto produttivi, per non perdere tempo ci portiamo dietro da mangiare, un pezzo di pizza, una focaccia. Sam, un tesoro, (ah, se avessi 90 anni di meno!) si ricorda sempre di prendere per me due budini alla vaniglia, perché sa che non riesco a masticare. Quando si deve votare, io voto sempre contro perché se no c’è unanimità e allora sembra che non siamo democratici. Ma sulla questione della flat tax mi sono astenuto. Le ragazze (io le chiamo ragazze) mi hanno guardato stupite e una maliziosa mi ha detto: “Coi tuoi 60.000 di fatturato ti sta bene, eh? adesso capisco come ti avanzano i quattrini per comperarti quei schifosi pantaloni corti tutti unti!”. Mi sono risentito. Tra l’altro a me non piace la birra, neanche quella artigianale. Che colpa ne ho se mia madre mi mandava a due anni nel Kinderheim? Era la prima guerra mondiale e a Trieste c’erano ancora gli austriaci.

Blocchi lo schermo, vai al bancone e chiedi al barista un bicchiere d’acqua. La serata potrebbe andare per le lunghe, meglio tenersi preparati e idratati.

[continua…]

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di ACTA tempo di lettura: 5 min
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