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AI AI, per noi freelance saranno solo guai?

26 Settembre 2025 Intelligenza artificiale, Vita da freelance

Le AI per noi freelance sono una minaccia, un’opportunità o entrambe le cose? Nel contributo “Intelligenza artificiale e lavoro creativo” ci sono alcune risposte. Qui lancio 5 domande, per suscitarne altre, in vista del CD aperto del 24 ottobre.

In vista del CD aperto del 24 ottobre, ho deciso di pubblicare qualche mia riflessione su uno dei temi che saranno in agenda. Il recentissimo DDL 1146-B ha riproposto la questione (se non avete letto, date un occhio al comunicato Acta) in particolare dei diritti d’autore, ma il tema è chiaramente molto, molto più generale. Parto dal post, in 4 puntate, di Giovanni Campanella per Tramiti: analisi molto ben articolata, che si conclude con qualche proposta. Come gran parte dei contributi che conosco, fa riferimento, giustamente, a obiettivi sistemici, perché le AI – o meglio, le Big Tech che le progettano, gestiscono e spingono – cambiano le regole generali del gioco ed è a questo livello che andrebbero governate. Più interessante, dal mio punto di vista, il suo auspicio di «un adattamento della tecnologia alle esigenze di chi lavora, non un adattamento di chi lavora alle esigenze della tecnologia». E questo post cerca di andare proprio in questa direzione, mettendo al centro noi freelance di fronte alle AI.

AI: solo strumenti o macchine spirituali?

Il livello macro è sicuramente quello decisivo: si gioca sul piano del potere economico, sociale, politico. Ma poi c’è quello micro: la relazione personale che ciascuno di noi, come umano, intesse con questa “macchina spirituale” come la chiama Massimo Cacciari. Lui la prende molto larga – è un filosofo! – ma secondo me mette in luce un aspetto che gli approcci macro non sono in grado di intercettare: le trasformazioni nella nostra dimensione umana.

Su questo mi piacerebbe si aprisse un confronto fra di noi: donne e uomini che fanno un lavoro indipendente, a volte solitario, spesso mediato dalla tecnologia, che oggi diventa incredibilmente potente. Penso che il nostro punto di vista possa illuminare aspetti interessanti delle AI e credo che una consapevolezza collettiva possa far nascere obiettivi, pratiche, orientamenti che aiutino tutti noi a lavorare e vivere meglio in un contesto acutamente fluido e imprevedibile.

Come limitare il potere delle Big Tech?

Il problema che avverto quando leggo le proposte sistemiche è che cadono immancabilmente quando si tratta di indicare i soggetti, sociali o istituzionali, che potrebbero governare l’impatto delle AI. Da quello che ho letto e ascoltato tre mi sembrano le vie proposte.

La prospettiva del contenimento delle AI generative.

Una prima via è quella del “contenimento”, indicata da Mustafa Suleyman nel suo libro “L’Onda che Verrà” ma trasversale al mondo che lui rappresenta: protagonisti dell’affermazione delle AI che si pongono qualche dubbio più di Sam Altman – e non ci vuole poi molto – e ammettono che la via delle AI è lastricata di pericoli e quindi, scrive “dovremmo pensare al contenimento come un guardrail, un modo con cui l’umanità possa restare salda al volante anche se una tecnologia rischiasse di provocare più danni che benefici”. In questa prospettiva i giocatori – spesso ex-campioni d’azzardo – diventano arbitri: danno regole alle proprie aziende, con una nuova etica, che a macchia d’olio si allarga a tutta la società. Mah?!

La redistribuzione del valore creato dai Big Data.

Una seconda via la chiamerei della “redistribuzione del potere e del valore”. Ha molte declinazioni, dalle analisi contenute nel “Capitalismo della sorveglianza”; al triangolo informazione/verità/potere dall’età della pietra a quella del silicio di Yuval Noah Harari in “Nexus”; sino all’utopia, con leggero retrogusto al marketing politico, del filosofo italiano Maurizio Ferraris: il “WebFare”, che redistribuisce il valore estratto dalle nostre vite sotto forma di dati che alimentano le AI. Qui, a differenza della precedente via, i soggetti del cambiamento sono le istituzioni, conquistate ad una nuova visione, i grandi movimenti di opinioni, i valori dell’umano che si ribella all’estrazione di valore dei suoi dati personali. Una bella speranza, ma il nostro tempo parla di altro.

AI Act: la buona governance europea.

E poi c’è la terza via, quella che prospetta l’Europa come paladina di buona governance contro il liberismo sfrenato delle Big Tech americane e il modello totalitario cinese. L’aggancio è sempre al AI Act che stabilisce i livelli di rischio delle AI in base ai quali l’autorità regolatrice interviene: a mio parere, qui l’arbitro vuole dirigere una partita che purtroppo si gioca altrove. Mi sembra proprio che l’Europa non stia dando prova di leadership internazionale e i pochi soldi che ha li stia mettendo sulla spesa militare per salvare l’automotive e il suo indotto e non per costruire una AI dal cuore democratico. Quindi leggo questa idea più come pia speranza che come prospettiva politica credibile: giusto appoggiare chi la promuove, la difende e magari la prende ad esempio, ma con sano realismo.

Che ci rimane, quindi? Non lo so. Ed è per questo che mi faccio – e faccio a voi che leggete, e sicuramente siete freelance – cinque domande: non so se sono quelle giuste, ma sono quelle che mi faccio io.

Microfisica del potere delle AI: è la nostra partita?

Uso “microfisica del potere” – Foucault, perdono! – per esprimere la mia impressione che mentre la partita macro è giocata da altri (pochissimi: BigTech americane e cinesi), la partita micro la dobbiamo e possiamo giocare noi freelance. Insieme a tutte le donne e gli uomini che, dal loro punto di osservazione, si chiedono in cosa l’umano sia unico, differente e inviolabile nell’età della “macchina spirituale”.

Una prima partita è quella collettiva, a partire dal basso, per contrastare gli effetti nefasti delle AI. Il documento firmato dai soci che dal 6 settembre sono il nuovo CD indica già le intenzioni ed alcuni obiettivi concreti, maturati dalla sezione Tramiti di Acta. Leggetelo, se ancora non lo avete fatto: Aprire una nuova fase. Aprire Acta.

Ma poi c’è anche una partita individuale che nasce nel quotidiano di ciascuno di noi: potrà generare obiettivi, pratiche, percorsi collettivi, ma deve alimentarsi, a mio avviso, dal vissuto personale. Da uomo del secolo scorso il mio pensiero va all’impatto del femminismo sulle pratiche politiche degli anni ’70: la capacità di partire dal personale per costruire un orizzonte politico comune. Magari è una sciocchezza, ma mi sento di lanciare il sasso.

Freelance e AI: 5 domande, per aprire il confronto.

Ed ecco le mie cinque domande, per capire come le AI incidono nella mia vita personale e professionale. Nella speranza che tante altre fioriscano, per costruire una storia condivisa.

1. Cara AI ti odio o ti amo?

Si può avere sentimenti verso una AI? Lei certamente ci mette del suo nel suscitarli. Intanto io sto usando il femminile: il fatto che sia una “lei” per un maschio bianco eterosessuale la colloca già in un contesto non neutro. Ho notato che per mia moglie è un lui, e mi sono chiesto perché. La mia risposta l’avevo trovata inizialmente nell’interfaccia grafica: spoglia, quasi inesistente, spazio ideale per proiettarci sé stessi. Poi è arrivato il dialogo vocale, e lì il gioco è diventato pesante. Parlare con la mia AI è davvero interessante. Quindi la amo? Non so se sia amore, ma un po’ di innamoramento lo confesso. E questa è la prima domanda che mi, e vi, pongo: che aria tira fra noi freelance e le AI?

2. Sei più intelligente di me?

Qui sto ancora cercando le mie risposte. Le mie letture, partite da libri sulla AI si sono presto indirizzate a che cos’è l’intelligenza in generale e umana in particolare: e ora so che non sappiamo. Le scienze cognitive hanno fatto passi enormi, ma le domande aperte sono tante e le tesi molte. Ma oltre alle letture, c’è la pratica quotidiana, che per me significa: letture e un po’ di lavoro (ho già dato molto su questo fronte). Sulle letture direi: un alleato preziosissimo, da usarsi come tale. Cioè se non avete letto nulla di quello che state chiedendo, verificate: a volte si inventa le cose, pur di sembrare intelligente. Ma su sintesi, confronti, suggerimenti: meglio di me! Sul lavoro, dichiaro il mio conflitto di interessi: come lei, vivo di parole: faccio il copywriter. La uso poco, sempre mettendomi in competizione, e diciamo che a volte vinco, a volte perdo. Vinco quando si tratta di scrivere una cosa un po’ fuori dai canoni, ma per le cose standard rispetto a lei perdo, soprattutto tempo. Tirando le somme, su questo fronte qual è la domanda che ci può interessare? Credo sia: nel mio lavoro di freelance come posso utilizzare le AI…in modo intelligente?

3. Alleata o nemica?

Se do retta alle voci che ascolto fra le persone delle aziende con le quali lavoro, questa mi sembra la paura, di pancia. Perché di testa il racconto è quello dell’integrazione virtuosa persone/tecnologia. Se leggo quello che Giovanni Campanella giustamente scriveva, le AI attuali sono la moneta cattiva che scaccia quella buona. Sicuramente è così nel campo delle traduzioni multimediali, dove le AI generano un triplo danno: meno qualità nel prodotto, abbattimento delle tariffe, riduzione delle opportunità di lavoro umano. Ma se invece ascolto me, che non ho una struttura organizzativa, allora la cosa mi sembra cambiare. Non è che ChatGPT – o chi per lei – potrebbe potenziare le mie capacità? Mi fa risparmiare tempo sulle minchiate e mi lascia più spazio per le questioni di fondo. Quindi alleata o nemica? E questa è la terza domanda.

4. Resilienti o Antifragili?

Arrivo così alla quarta domanda, a prima vista strana e non così legata al tema delle AI: mi viene da un libro di Nassim Taleb “Antifragile. Prosperare nel disordine” Due fratelli gemelli originari di Cipro vivono nell’area metropolitana di Londra, fanno due lavori differenti, uno è proprietario del proprio taxi nero ed esposto a grande volatilità nella vita lavorativa, l’altro è impiegato in una solida banca. Chi dei due è il più fragile? Per Taleb è il bancario, che non ha familiarità con l’incertezza, mentre il fratello taxista è l’Antifragile, che va oltre la resilienza, perché è costitutivamente aperto a nuove prospettive. Ecco, secondo me, noi freelance siamo gli antifragili: la barchetta nella tempesta. Avvertiamo prima degli altri le variazioni del vento (e rischiamo di rimanerci sotto, certo). E oggi il vento è girato di brutto. Stare in difesa (molto difficile) o provare l’attacco? Ecco la quarta domanda.

5. Fare rete o arcipelago?

L’ultima domanda che pongo riguarda un tema oggi molto di moda: la narrazione (che un po’ è anche il mio lavoro). Acta ha sempre parlato di “fare rete”: che storia racconta questa immagine? Quella di tanti nodi, che acquisiscono valore, senso e forza solo se intrecciati fra loro in una rete. Proviamo a raccontare in altro modo questa dialettica fra individuo (freelance) e comunità (mondo Acta, e molto di più): usando la metafora dell’arcipelago, che è affascinante perché fatto di tante isole, Ogni isola forse potrebbe diventare più ricca? Ricca di idee ed energie da condividere con l’arcipelago. E ricca di risorse che l’arcipelago può offrire. E questa è la quinta domanda, che mi faccio – e naturalmente estendo a tutte e tutti – quando penso ad una comunità Acta non solo più aperta, ma anche più affascinante e ricca di storie personali: isole che non si sentono più isolate. E navigano più leggere nel mare tempestoso delle AI.

PS: Un mondo fatto a misura di AI?

Mentre stavo risistemando questo post, mi sono imbattuto in un recente intervento di Luciano Floridi , filosofo italiano docente universitario nel UK, che si occupa di etica delle AI. Con un efficace esempio dice “un’auto a guida autonoma nel deserto è solo un ferro vecchio”, perché è un nodo che funziona solo se è inserito in una rete. E da qui argomenta una cosa molto importante, che in qualche misura si ricollega a quanto sosteneva Giovanni in “Intelligenza artificiale e lavoro creativo”. Quello che sta accadendo è che stiamo trasformando il mondo reale (anche quello del lavoro) in un ambiente più “friendly” per le AI e non più intelligente per noi esseri umani. Un punto di vista che mi sembra molto interessante, soprattutto se lo associamo al fatto che il motore di tutto il processo è governato da una hightecnocrazia.

Ne parliamo nel CD allargato del 24 ottobre.

Alleate? Nemiche? Nuove frontiere dell’intelligenza? Pappagalli stocastici? Inutile negarlo, le AI sono un’onda potente che risuona quotidianamente nell’arcipelago freelance. Anche di questo parliamo nel CD del 24 ottobre, che allarghiamo a chi ha deciso di non stare sulla propria isoletta a sperare che il tempo cambi, ma che vuole navigare in flotta verso obiettivi comuni. Pensaci!

E se vuoi dire la tua… qui sotto nei commenti c’è spazio per il tuo contributo. E’ importante!

Ugo Testoni
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di Ugo Testoni tempo di lettura: 8 min
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