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FAQ EDITORIA

Lavoro nell'editoria

Dipende dalla modalità di lavoro. Chi ha un rapporto di lavoro subordinato solitamente fa riferimento al Contratto collettivo nazionale Grafici-Editoriali. Nel caso di inquadramenti differenti (parasubordinati o autonomi) non esiste alcun contratto standard specifico di settore, ma si usano come riferimento quelli generalmente impiegati per chi lavora come parasubordinato o autonomo, dettagliando il tipo di prestazione pattuita.

Il lavoratore o la lavoratrice dipendente sono legati all’azienda da un rapporto di subordinazione: hanno una serie di obblighi – tra cui un orario di lavoro predeterminato e una sede di lavoro fissa – e di diritti stabiliti per legge e generalmente dettagliati da un contratto nazionale.

I professionisti freelance invece non lavorano “per” un’azienda; l’azienda è loro cliente. Chi lavora come freelance può avere più clienti/committenti e non ha obblighi nei loro confronti, oltre al portare a termine lavorazioni o progetti concordati. Non ha vincoli di orario né di postazione di lavoro. Per approfondire le differenze, leggi l’articolo dedicato sul Prontuario.

Accade tuttavia che lavoratrici e lavoratori a tutti gli effetti subordinati (con tutti gli obblighi dei dipendenti) vengano inquadrati come autonomi (senza nessuno dei benefit dei dipendenti). Se ti trovi in questa situazione e vuoi cambiarla, contattaci.

Si tratta di società nate per radunare diverse professionalità editoriali, in grado di fornire alle case editrici dei “pacchetti completi” che potremmo definire “chiavi in mano”: si occupano di traduzione, redazione, correzione di bozze, impaginazione, spesso anche di progettazione e scrittura dei testi, consegnando al committente un prodotto finale sul quale nella maggior parte dei casi non è più necessaria alcuna ulteriore lavorazione.

Per fare questo i service ricorrono al personale interno (dipendente) o a liberi professionisti, pagati tuttavia con tariffe spesso inferiori a quelle che gli stessi professionisti riuscirebbero a ottenere se svolgessero il medesimo lavoro direttamente per la casa editrice.

È possibile lavorare come freelance senza partita IVA nei seguenti casi: se hai un contratto per una collaborazione coordinata e continuativa; se svolgi lavoro creativo (tutelato dalla Legge sul diritto d’autore, senza alcun limite di reddito); se esegui lavoro in ritenuta d’acconto sotto forma di prestazione occasionale.

La prestazione occasionale con ritenuta d’acconto, a differenza della cessione dei diritti d’autore, è soggetta a limitazioni: deve trattarsi di un lavoro davvero occasionale, e sopra la soglia dei 5.000 euro lordi/anno è necessario comunque iscriversi alla Gestione Separata INPS cui versare i contributi (nella quota del 25,72%).

Fisco

Dipende dal regime scelto, in base al quale verranno calcolate le tasse e i contributi.

Nel settore editoriale esistono alcuni lavoratori e lavoratrici che rientrano ancora nel vecchio regime dei minimi; buona parte tuttavia aderisce al forfettario.

Se hai tante spese (come mutui, automobili, ristrutturazioni) può essere vantaggioso aderire al regime semplificato.

In tutti questi casi si paga il 25% di contribuzione pensionistica e lo 0,72% di contribuzione assistenziale. Per l’IRPEF rimandiamo alle pagine dell’Infopoint sui singoli regimi.

Il diritto d’autore è un regime fiscale con un ambito di applicazione abbastanza ristretto. È possibile ricevere compensi con diritto d’autore soltanto per la creazione di opere d’ingegno originali (tendenzialmente scrittura, illustrazione, traduzione), mentre non può essere applicato a lavorazioni, pure creative, quali editing o revisione di traduzione. La cessione del diritto d’autore comporta precisi diritti e doveri ed è regolata da una specifica legge (L. 633/1941).

Questo inquadramento viene spesso proposto dai committenti perché non comporta l’apertura di partita IVA. Inoltre i compensi percepiti come diritti d’autore non prevedono il versamento dei contributi INPS, poiché non è considerato reddito da lavoro: chi esercita la sua professione facendosi pagare con questa formula quindi non ha diritto ad alcuna delle tutele previste dalla Gestione Separata INPS o dalle casse previdenziali private, quale – in primis – la pensione.

Il codice Ateco è un codice alfanumerico che indica il settore economico principale nel quale il libero professionista opera. Viene scelto al momento dell’apertura della partita IVA e può essere modificato in seguito. Si tratta di un “incasellamento” utile allo Stato per fini fiscali e statistici, che però risulta abbastanza elastico: capita infatti spesso che professionisti che operano nel medesimo settore siano inquadrati con codici Ateco differenti, a seconda della scelta e dell’interpretazione del commercialista.

Per quanto riguarda il regime forfettario, il codice Ateco è direttamente collegato al coefficiente di redditività, in base al quale viene stabilito il reddito imponibile.

La “conquista del codice Ateco” può essere importante a livello identitario, per dare l’idea che si sta rendendo visibile una categoria di lavoratori fuori dai radar. La mancanza di un codice preciso riguarda la maggior parte delle professioni del terziario, dato che gli Ateco sono stati fissati decine di anni fa (e l’orizzonte temporale per introdurne di nuovi è di diversi anni).

Tuttavia, a livello di diritti e tutele i codici Ateco sono sostanzialmente ininfluenti, a fare la differenza sono le modalità contrattuali e la conseguente cassa previdenziale.  Sul piano contributivo e fiscale hanno molto più in comune due freelance con codici Ateco diversissimi, come un videomaker e un falegname, che due colleghi che lavorano nello stesso ufficio con inquadramenti contrattuali differenti (uno dipendente e l’altro in regime di diritto d’autore, per esempio). È per questo che Acta si è sempre mossa nell’ottica di rappresentare tutti i freelance, al netto delle professioni specifiche, e di rendere genuinamente universalistico il sistema di welfare italiano.

Fatture, negoziazione e compensi

All’avvio di una collaborazione è assolutamente prioritaria la chiarezza. Si rende necessario stabilire in quale forma si svolgeranno collaborazione e pagamento, i termini economici e le tempistiche di pagamento. Vanno inoltre concordati i tempi – sia della consegna da parte del committente dei materiali necessari per poter procedere, sia della consegna del lavoro finito – e le responsabilità del professionista.

Sarebbe buona norma che ogni committenza, soprattutto se prevede un impegno prolungato nel tempo o un compenso considerevole, sia accompagnata dalla stesura di un contratto (anche una mail è meglio di nulla) siglato da entrambe le parti che riporti tutti i termini dell’accordo.

Nel prontuario abbiamo esaminato in maniera più approfondita tutti gli aspetti da definire. È inoltre sempre utile tenere presenti queste indicazioni sulla stipula dei contratti.

I compensi sono solitamente calcolati a pezzo, sia esso la cartella (corrispondente  di solito a 2000 caratteri spazi inclusi) o la pagina. Per sapere quali sono i compensi medi del settore in relazione alle varie prestazioni, ti consigliamo di consultare la sezione Compensi del nostro sito e il post Quanto devo farmi pagare? In ogni caso, prima di accettare un lavoro, calcola il rapporto tra la tariffa che ti viene proposta, il tempo stimato per portare a termine la lavorazione e il compenso orario che ne risulta: ricordati sempre che il compenso orario è lordo, non netto! Il netto può variare secondo il regime fiscale di appartenenza, le spese sostenute, le detrazioni e le deduzioni. Acta consiglia di considerare il netto come corrispondente a circa la metà del lordo.

Secondo lo Statuto del lavoro autonomo il saldo delle fatture deve avvenire entro 30 giorni dalla loro emissione. È possibile estendere il termine a 60 giorni in presenza di un accordo scritto tra le parti. Ogni pagamento successivo a questo termine è da considerarsi illegale, sebbene sia una pratica ancora largamente diffusa nel settore editoriale. Continuano a pagarti in ritardo? Contattaci, insieme possiamo fare in modo che queste prassi scompaiano dal settore.

Puoi chiedere la rivalsa INPS se hai la partita IVA e sei iscritto alla Gestione Separata INPS. Addebitando in fattura una rivalsa pari al 4% puoi fare in modo che il committente concorra al versamento dei tuoi oneri previdenziali. La rivalsa contribuisce alla formazione del reddito imponibile (rilevante per i regimi che hanno una soglia di fatturato, come quello forfettario e quello dei minimi). Essendo inclusa nella fattura il committente può, a sua volta, dedurla dai costi e abbassare il proprio imponibile.

La fattura deve essere datata e numerata progressivamente e contenere tutti i tuoi dati e quelli del committente. Devi inoltre indicare chiaramente la prestazione, il relativo compenso, la rivalsa INPS, il costo della marca da bollo se a carico del cliente. Ricorda che su ogni fattura o notula per la cessione dei diritti d’autore superiore ai 77,47 euro va applicata una marca da bollo da 2 euro, che non può avere una data successiva a quella dell’emissione del documento.

Per agevolare il saldo, ti consigliamo di indicare direttamente in fattura la modalità di pagamento e, nel caso di bonifico bancario, il tuo IBAN.

È obbligatoria solo se aderisci al regime semplificato.
Se aderisci al forfettario o al regime dei minimi:
– e nel 2021 hai avuto un fatturato inferiore a 25000€ è obbligatoria dal 1 gennaio 2024;
– e nel 2021 hai avuto una fatturato maggiore di 25000€ è obbligatoria dal 1 luglio 2022.
In ogni caso, niente paura.

Nell’editoria libraria, specie in alcuni periodi dell’anno, capita che vengano richieste tempistiche molto ristrette per completare una lavorazione urgente, a cui viene richiesto di dare assoluta priorità.

È buona norma che le aziende committenti riconoscano lo sforzo eccezionale del loro fornitore, pagando di più questo tipo di lavori. Ti invitiamo pertanto a far sempre presente al tuo committente che la disponibilità che stai mostrando nei suoi confronti non deve essere data per scontata e che richiederebbe un riconoscimento adeguato.

La risposta più ovvia e immediata sarebbe “No, giammai!”; tuttavia, si tratta di un argomento spinoso, che non tocca solo questioni economiche ma anche etiche. Lavorando gratis danneggi infatti non solo te stesso, ma anche la categoria in cui operi e il significato stesso di “lavoro”. Abbiamo dedicato un esteso articolo a questo argomento, che ti consigliamo di leggere.

Diritti e tutele

Se risulti iscritto alla Gestione Separata INPS hai a disposizione degli strumenti di welfare a cui puoi accedere. Si tratta di benefit poco conosciuti, ma anche le partite IVA hanno diritto a maternità, congedi parentali, indennità di malattia e all’assegno ordinario di invalidità.

Le casse previdenziali sono istituti che si occupano di riscuotere i contributi dei lavoratori e delle lavoratrici e che erogano servizi di welfare, tra i quali il principale è la pensione. La cassa previdenziale nazionale è l’INPS, ma esistono anche casse di categoria, gestite dai relativi ordini, nelle quali convergono i contributi versati dagli associati: per esempio l’INPGI per i giornalisti o l’Inarcassa per ingegneri e architetti. Nella maggior parte dei rapporti di lavoro autonomo che caratterizzano il settore editoriale, i contributi previdenziali confluiscono in un fondo, chiamato Gestione Separata. Se sei titolare di partita IVA, se hai un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o se eserciti altre tipologie di lavoro autonomo superando i 5.000 euro di reddito annuo, devi versare il 25,72% dell’imponibile alla Gestione Separata (o alla tua cassa di competenza, se per esempio lavori anche come giornalista e scegli di iscriverti all’INPGI). Per approfondire, rimandiamo alla voce INPS dell’infopoint Acta.