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Matteo Renzi chiede sul Jobs Act un dibattito pubblico e si aspetta commenti e consigli. Ecco cosa pensiamo e proponiamo di discutere con il Governo. Con le integrazioni in materia fiscale del [05.10.2015].

1. Aliquota previdenziale

Un tema per noi freelance di particolare interesse, dato che versiamo i contributi più alti di tutti. Chiediamo:

  • il blocco definitivo (non una sospensione come negli ultimi 3 anni) dell’aumento al 33% previsto dalla legge 92/2012 per gli iscritti alla Gestione Separata
  • l’avvio di un processo di equiparazione della nostra contribuzione a quella di tutti gli altri lavoratori autonomi, cioè il 24%.

Come abbiamo ampiamente documentato, a parità di costo del lavoro, siamo soggetti ad una pressione previdenziale che supera anche quella dei lavoratori dipendenti, ed è un costo che grava interamente su di noi. Non è quindi giustificato né sostenibile alcun nuovo aumento e devono essere ripensati i termini della contribuzione.

2. Tutela della maternità/paternità

Su questo punto chiediamo di:

  • Eliminare la norma che vincola la percezione dell’indennità di maternità concessa dalla gestione separata all’astensione dal lavoro nei 5 mesi a cavallo della gravidanza; la professionista autonoma iscritta alla gestione separata, analogamente a quanto avviene per la professionista autonoma iscritta ad un ordine, deve potersi astenere dal lavoro, ma non deve essere obbligata all’astensione.
  • definire l’indennità con le modalità di calcolo utilizzate per le altre libere professioniste nelle forme previste dal Testo Unico sulla Maternità.
  • riconoscere i congedi parentali anche ai papà, per favorire la piena condivisione del ruolo genitoriale;
  • omologare la durata dei congedi a quanto previsto per le lavoratrici dipendenti.

3. Tutela della malattia

Nelle situazioni di malattia e con riferimento agli eventi  più gravi e ostativi dell’attività lavorativa chiediamo:

  • La sospensione dei versamenti degli oneri previdenziali e fiscali per l’intera durata del periodo di malattia. Una volta cessata la malattia il pagamento potrà essere rateizzato.
  • l’ampliamento del periodo di tutela per la malattia domiciliare (oltre gli attuali 61 gg);
  • la ridefinizione delle indennità su valori che siano effettivamente sostitutivi del reddito (80% del reddito per la malattia ospedalizzata e 30% per quella domiciliare), usando come parametro il reddito percepito prima della malattia;
  • l’equiparazione della degenza ospedaliera a quella ospedalizzata quando si è sottoposti a terapie invasive (es. chemioterapia);
  • la copertura di tali periodi con i versamenti di contributi pensionistici figurativi.

4. Equa pensione per tutti

La riforma della previdenza italiana verso il sistema contributivo, introdotta dalla Legge 335/1995, ha cambiato drasticamente le prospettive pensionistiche: moltissimi non arriveranno a percepire una pensione decente, adeguata a garantire la sopravvivenza in vecchiaia. I primi ad avere avuto consapevolezza della misura di questo cambiamento (anche in assenza della busta arancione) sono le lavoratrici e i lavoratori autonomi e i parasubordinati, perché sono stati i primi ad essere stati catapultati nel sistema contributivo puro.

Il tema pensione continua ad essere all’ordine del giorno, sia per la politica, sia nel dibattito pubblico. Purtroppo l’attenzione è tutta concentrata su temi che interessano i pensionati e pensionandi retributivi: gli esodati, la flessibilizzazione del’età di pensionamento, la rivalutazione, in seguito alla sentenza della consulta, delle pensioni che erano state bloccate (le pensioni superiori a 1.500 euro lordi).

Della povertà e delle penalizzazioni del sistema contributivo si parla sporadicamente e comunque rinviandone, senza una precisa scadenza, non solo la soluzione, ma anche la discussione.

E’ invece urgente intervenire subito per evitare l’esplosione di una bomba sociale, quando arriveranno le prime consistenti coorti di pensionati contributivi puri.

Gli obiettivi della nostra proposta sono il superamento di alcune gravi carenze del sistema contributivo, ed in particolare:

  1. garantire a tutti i lavoratori, con un’adeguata storia contributiva, anche intermittente e frammentata tra diverse gestioni, il raggiungimento di una pensione minima. Si ricorda a questo proposito che la riforma pensionistica ha eliminato l’integrazione al minimo;
  2. intervenire con meccanismi solidaristici a favore di chi ha sperimentato percorsi lavorativi non continuativi, a causa di difficoltà occupazionali o personali. Il sistema contributivo ha infatti eliminato ogni solidarietà intragenerazionale proprio quando sarebbe più necessaria  a causa della sempre maggiore instabilità lavorativa e della crescita di forme lavorative non adeguatamente coperte da un sistema di welfare ancorato al lavoro dipendente;
  3. incentivare l’investimento pensionistico, attualmente molto poco conveniente: in molti fuggono con modalità lecite e meno lecite, con effetti negativi sul bilancio INPS e con prevedibili ripercussioni sulla situazione dei futuri pensionati;
  4. incentivare anche il secondo pilastro previdenziale, che, come previsto dalla riforma, sarà necessario per compensare la caduta del reddito che si presenterà al momento di andare in pensione.

Proponiamo di intervenire su tre direzioni:

  1. Revisione delle modalità di rivalutazione del montante pensionistico, in modo da renderlo effettivamente premiante.
  2. Sulla scia di quanto operato da altri paesi, come ad esempio la Svezia, chiediamo che sia prevista una pensione minima (equiparata all’assegno sociale), riconosciuta a tutti coloro che raggiungono un numero minimo di anni di versamenti (dieci o quindici). A questo assegno minimo, uguale per tutti, si dovrà aggiungere una parte variabile,  calcolata con il metodo contributivo, e dunque proporzionale agli importi versati (tale pensione minima dovrà essere coperta con la fiscalità generale, in un quadro di riforma che scorpori le prestazioni pensionistiche pure da quelle di sostegno al reddito, oggi in larga parte      finanziate con la contribuzione all’INPS).
  3. L’eliminazione del il vincolo che subordina l’accesso al trattamento pensionistico alla maturazione di una pensione pari a 1,5 volte l’ammontare dell’assegno sociale per i professionisti della Gestione Separata che oggi hanno oltre 50 anni. Non avendo avuto la possibilità di versare contributi prima del 1995, hanno infatti scarse possibilità di riuscire ad accumulare un montate      contributivo sufficiente e quindi si troveranno ad essere discriminati rispetto agli altri contribuenti, pur avendo versato i venti anni di contributi previsti.
  4. maggiore incentivazione della previdenza complementare.

5. Equo compenso

Il lavoro indipendente è la risposta ad un modello industriale che esternalizza molti servizi qualificati. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una fortissima svalutazione del lavoro dei freelance, a causa della contrazione della domanda e dell’accresciuta concorrenza. Per interrompere e contrastare questa tendenza chiediamo:

  1. La determinazione di compensi per alcune prestazioni “tipiche” da individuare per ogni attività professionale, da decidere ove possibile all’interno della comunità di appartenenza in accordo con la Pubblica Amministrazione. La fissazione di “costi standard” non dovrebbe cioè riguardare solo i prodotti ma anche i servizi, nella definizione di un range che da un lato contrasti la svalorizzazione del lavoro e dall’altro prevenga sperperi ingiustificati. In qualche caso sarà sufficiente ridare valore ad alcuni documenti già in essere [ad esempio, tabelle sui compensi della formazione in Sanità delle P.A. istituiti dal Ministro Bindi e disattesi in seguito alla crisi]. I compensi così definiti potranno rappresentare un riferimento anche per il mercato privato, sia per i professionisti sia per chi acquista i servizi.
  2. La definizione, nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, di regole dei bandi basate sulla valorizzazione delle competenze e dell’esperienza e che contrastino il diffondersi delle gare al massimo ribasso, che verifichino il rispetto dei parametri sopradefiniti in tutta la catena di subfornitura.
  3. L’apertura ai freelance dei bandi per la presentazione di progetti e interventi attualmente riservati esclusivamente alle imprese, considerato che le partite iva individuali spesso sono soggette all’IRAP – ma anche per mettere a disposizione delle P.A. competenze e creatività che contrastino logiche esclusivamente di mercato.

6. Tutela dei tempi di pagamento

Tutti sanno che esiste una legge che fissa a 30 giorni il tempo massimo per il saldo delle fatture, ma nessuno la rispetta. Il cattivo esempio lo dà lo Stato per primo: avere un credito presso un ente statale equivale spesso a non ricevere il compenso pattuito per tempi lunghi, anche di anni. Chiediamo che questa legge (il cui decreto attuativo è partito il 1 gennaio 2013) venga applicata sempre, in primis da Stato e Regioni, con attenzione particolare verso i professionisti indipendenti che sono l’anello più debole nelle catene economiche di fornitura di servizi.

7. Equità fiscale per il lavoro autonomo

Sulla base di una presunzione di evasione, sopravvive un diverso trattamento fiscale del lavoro autonomo rispetto a quello dipendente. Siamo favorevoli ad ogni misura di controllo e tracciabilità delle entrate, ma chiediamo:

  1. l’equiparazione delle detrazioni sui redditi bassi a quelle dei dipendenti. Attualmente la cosiddetta no tax area è  fissata a 4.800 euro per i dipendenti e a 8.000 per gli autonomi
  2. L’accesso a eventuali bonus di sgravio, come quello di 80 euro al mese introdotto nel 2015 e previsto anche nel 2016. 

8. Lavoro e non impresa

A questo proposito chiediamo:

  1. un chiarimento della questione IRAP, con una definizione oggettiva di autonoma organizzazione ai fini della non assoggettabilità dei professionisti;
  2. la revisione del sistema degli anticipi di Irpef e INPS, che risulta particolarmente gravoso per chi avvia un’attività o quando si hanno forti oscillazioni del fatturato;
  3. l’eliminazione della maggiorazione a titolo di interesse alla dichiarazione trimestrale dell’Iva.

9. Simmetria di diritti nei rapporti con lo Stato

Attraverso:

  1. l’utilizzo degli studi di settore e del redditometro esclusivamente come strumenti indicativi, senza scaricare sul contribuente l’onere della prova, non di rado impossibile da fornire;
  2. la obbligatoria e preventiva convocazione del contribuente da parte dell’Agenzia delle Entrate prima dell’applicazione di sanzioni di importo significativo;
  3. il rimborso delle spese sostenute dal contribuente al fine di rispondere a contestazioni fiscali o nel quadro di un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate, qualora l’esito del procedimento abbia dimostrato la correttezza del suo comportamento;
  4. la possibilità di estensione del ravvedimento operoso anche alla contribuzione INPS, per tutelarci da anticipi non corrispondenti al reddito realmente realizzato.

10. Aggiornamento delle norme fiscali alla realtà del nuovo lavoro autonomo

A poco serve la possibilità di portare in detrazione gli investimenti materiali di impianti a attrezzature, di solito piuttosto limitati per un professionista autonomo, mentre è necessario favorire l’aggiornamento delle competenze, l’innovazione e la mobilità. In particolare evidenziamo la necessità di prevedere:

  1. la totale deducibilità delle spese in formazione, senza vincoli di accreditamento, dato che l’aggiornamento delle competenze professionali, in particolare per i settori a maggior carattere innovativo, spesso può essere effettuato soltanto al di fuori della propria regione o all’estero;
  2. la deducibilità dell’IVA sui trasporti;
  3. l’ammortamento con aliquote rappresentative della veloce obsolescenza dei prodotti ad alta tecnologia;
  4. la totale deduzione delle spese legate a trasferte riferite all’attività lavorativa svolta (di fatto generalmente ammessa, ma sempre a rischio di interpretazione arbitraria da parte di funzionari dell’agenzia delle Entrate).

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