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Bonanni e l'omertà sui precari:da che pulpito…

25 Marzo 2014 Diritti, Lavoro, News

Dopo l’etichetta di evasori fiscali con cui Susanna Camusso ha classificato tutti i lavoratori autonomi, per riconquistare la fiducia nel sindacato è arrivata la campagna lanciata da Raffaele Bonanni, che per stare al passo coi tempi ha coniato l’hashtag #bastaomertasuveriprecari (brillante esempio di ottimizzazione dei 140 caratteri di Twitter).

E’ incredibile che a parlare di omertà sia chi ha ignorato intere generazioni di lavoratori che uscivano dal perimetro dei diritti e si sia sempre battuto per il mantenimento dei confini esistenti, opponendosi ad ogni misura universale sulla disoccupazione (la cassa integrazione non si tocca!), sui compensi (nessun salario minimo) o sul fisco ( come se 10-15000 euro l’anno non fossero pochi per tutti, indipendentemente dalla forma di lavoro). A strenua difesa del proprio potere di organizzazione, prima ancora che dei “rappresentati”. Ed ora che risulta ineludibile la situazione di quanti si collocano al di fuori del lavoro dipendente, o si nasconde la testa sotto la sabbia come gli struzzi, parlando solo di ‘finte partite Iva’, o si erigono nuove barriere, negando la legittima aspirazione ad eguaglianza di diritti a chi nulla toglie agli altri, ma semmai contribuisce al welfare di altri a scapito del proprio.

Ma entriamo nel dettaglio di quanto sostenuto da Bonanni. L’analisi della situazione è basata su un po’ di numeri assemblati a caso, si fa riferimento a “almeno 500.000 finte partite iva”, a cui aggiunge 650.000 co.pro e 54.000 co.co.co..

La ricetta proposta dalla Cisl è in due punti:

1) “obbligare con un decreto tutti i committenti a pagare gli stessi contributi previdenziali dei lavoratori dipendenti a chi opera con la partita iva”, e non è chiaro se vadano inclusi anche i collaboratori, che notoriamente non sono partite Iva.
2) “costringere per legge i datori di lavoro ad erogare, a parità di prestazioni, lo stesso salario minimo di un lavoratore assunto regolarmente.”

Come spesso accade quando il sindacato si occupa di lavoro autonomo, la superficialità delle proposte è proporzionata alla superficialità di un’analisi che non chiarisce neppure l’ambito di riferimento.

Di chi parla Bonanni? Di tutti gli autonomi, inclusi commercianti, artigiani, agricoltori? In tal caso la platea delle partite Iva è molto ampia, sono oltre 5,5 milioni di lavoratori (Istat) e le “finte” partite Iva sono distribuite un po’ ovunque, dai muratori agli architetti, dagli agenti di commercio agli avvocati e ai medici. Intende aumentare i contributi per tutti gli autonomi? Bene , che si inizi dalle casse private allora, che prevedono le più basse contribuzioni (tra il 10 e il 18%). E si usi per tutti la stessa base di calcolo, ovvero il costo del lavoro al lordo di tutte le contribuzioni. E infine che anche il sistema di welfare sia uguale per tutti.

Ma se non ci sono le condizioni per agire in maniera così ampia, e sappiamo che non ci sono, non si può continuare ad insistere sulla categoria dei più tartassati : le partite iva iscritte alla gestione separata, ormai meno di 300.000 lavoratori (dopo la grande fuga verso altre gestioni), costrette a versare il 27,72% all’INPS. Esiste un dumping contributivo tra autonomi che occorrerebbe ridurre, non aumentare.

In ogni caso evitiamo di sostenere che l’aumento dei contributi eliminerà le finte partite Iva. I dati sull’evoluzione dei compensi degli iscritti alla gestione separata evidenziano in maniera lampante che lo straordinario aumento dei contributi (dal 10 al 27,72%) si è scaricato interamente sui lavoratori, non sui committenti. Da questa constatazione deriva la seconda proposta di Bonanni, frutto di una vera e propria illuminazione: porre un vincolo anche sui compensi. L’uovo di colombo? La legge Fornero già ora prevede questa norma per i collaboratori, ma nulla si sa sulla sua applicazione. La questione dei compensi è effettivamente uno dei nostri principali problemi, ma non è facile intervenire. Alla fine del 2012 è stata approvata una legge per introdurre l’equo compenso per il lavoro dei giornalisti, ma ancora non ne vediamo i risultati, ed infatti l’esempio di finte partite Iva citato da Bonanni è proprio quello dei giornalisti. Ed è allora credibile pensare di intervenire in tempi non biblici sulla miriade di attività autonome e professionali esistenti?  O piuttosto è solo un modo per riproporre il solito refrain che ha portato all’approvazione, all’interno della Legge Fornero, dell’aumento dei contributi pensionistici degli iscritti alla gestione separata dall’attuale 27% al 33%. Una misura che siamo riusciti a sospendere per due anni di seguito, ma che è pronta a divenire operativa nel 2015, se non si trovano le coperture per bloccarla ancora. Ed è proprio questo il punto: le risorse. La coperta è corta, ancora una volta il sindacato la sta tirando dalla sua parte, cercando di farci credere che lo fa per il nostro interesse!

Le finte partite iva ci sono, ma non esistono vie facili per una loro eliminazione. Così come per altre piaghe nazionali, quali il lavoro nero e l’evasione fiscale, occorrono controlli.

Ma ricordando che il grosso del lavoro autonomo è “vero” e non può essere ignorato da un piano del lavoro. Il jobsact ha dimenticato la A degli autonomi, per integrarlo noi proponiamo il jobsACTA.

Anna Soru

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1 Commenti

  1. ugo

    Reply

    Applicando la logica del profondo ragionamento che fanno a noi i sindacati potremmo suggerire a Bonanni di andare dai suoi associati a proporre di autoridursi il salario così le aziende non trasferiranno più le produzioni all’estero.

    25 Mar 2014

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Bonanni e l'omertà sui precari:da che pulpito…

di Anna Soru tempo di lettura: 3 min
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