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L'outsourcing non è più quello di una volta

20 Marzo 2013 News

L’outsourcing (esternalizzazione dei servizi) è un fenomeno che ha origine negli anni ’70, con la crisi il modello fordista, fondato sulla produzione in serie di beni di consumo di massa e di beni di investimento. Per reagire alla saturazione dei mercati e alle crisi petrolifere, le imprese si sono progressivamente concentrate sulle attività centrali, appaltando all’esterno molte funzioni secondarie. In questo modo si sono trasformate in strutture più snelle e flessibili, con limitati costi fissi. La grande fabbrica è stata sostituita da tante piccole imprese, molte delle quali nel terziario, con i principali asset nella conoscenza e nella creatività.
Questa tendenza è continuata, ma si è nel tempo trasformata e la crisi attuale ne ha definitivamente cambiato il carattere. Mentre i processi di outsourcing del secolo sorso hanno favorito lo sviluppo di attività cognitive e creative specializzate, quelli attuali rischiano di distruggere molte professionalità. Non si tratta più di concentrarsi nel core business e di cercare di volta in volta l’eccellenza delle competenze specialistiche. Il processo di frantumazione è più radicale, prevede la sostituzione di collaboratori interni con collaboratori esterni anche per funzioni chiave, nell’obiettivo principale, se non esclusivo, di risparmiare sui costi e spostare i rischi all’esterno.

La dicotomia del mercato del lavoro italiano, che contrappone situazioni di forte regolazione e tutela per il lavoro dipendente ad altre totalmente affidate al mercato per il lavoro autonomo, ha incentivato questo percorso. Per i committenti (imprese e pubbliche amministrazioni) è sempre più conveniente rivolgersi a freelance, a cui possono essere imposti compensi bassi e termini di consegna stretti, senza vincoli e neppure l’obbligo di rispettare decenti tempi di pagamento. In sostanza una tipologia di lavori che era nata per offrire competenze e innovazione si ritrova spesso progressivamente svalutata, anche nella sua componente più genuinamente autonoma. E allo stesso tempo vengono a galla in maniera ormai ineludibile i limiti di un sistema di politiche ancorate a modelli produttivi del passato: un welfare che copre solo il lavoro dipendente, una pressione fiscale e contributiva crescente e soffocante per categorie che non hanno mai beneficiato della “distrazione” dello Stato rispetto all’evasione fiscale (lavorando per imprese e pubbliche amministrazioni, si è pagati solo dietro presentazione di fattura).
In quest’ottica va letto il “primato” italiano per numero e crescita dei freelance.
La diffusione di piattaforme mondiali di outsourcing dedicate all’incontro tra domanda e offerta di lavoro indipendente continuerà ad alimentare la spirale di riduzione dei compensi.
Gli effetti, alla lunga, rischiano di essere deleteri, su tutti i fronti. Innanzitutto un ulteriore peggioramento dei servizi, già ampiamente percepibile in molti ambiti e di cui un po’ tutti siamo testimoni. In secondo luogo la perdita di competitività di molte imprese che basano la loro competitività solo sul prezzo, eludendo necessari percorsi di innovazione. Infine il disincentivo alla formazione e all’aggiornamento delle competenze che non risultano più premiate da compensi adeguati.
Se nel breve periodo l’inerzia continuerà a garantire competenze di livello, nel futuro sempre meno persone saranno disposte a sostenere lunghi e costosi percorsi formativi che non assicurano il recupero dell’investimento.
Come intervenire? Con una radicale riforma che allarghi il welfare e riduca il peso fiscale per chi si assume rischi e assicura flessibilità e competenze, con la fissazione di equi compensi minimi, con politiche di sostegno all’innovazione e alla domanda di competenze. ACTA (www.actainrete.it) da anni è impegnata nella sensibilizzazione dei freelance sulla necessità di difendere in prima persona il valore del lavoro e nella costruzione di una coalizione per aumentare il potere negoziale con lo stato.
Articolo scritto per L’Unione Sarda, a commento della diffusione di piattaforme di outsourcing, pubblicato nell’inserto Lavoro & Impresa, lunedì 18 marzo 2013

Anna Soru

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di Anna Soru tempo di lettura: 2 min
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