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Riforma del lavoro e partite Iva, ancora non ci siamo

16 Marzo 2012 Diritti, Lavoro, News

Ci sono due aree della riforma del mercato del lavoro che ci riguardano direttamente: quella sui contratti, le cui linee principali sono delineate in un documento appena pubblicato e quella sugli ammortizzatori sociali.

Di seguito uno stralcio del documento sui contratti contenente le parti più significative per le Partite IVA:

(…) sono introdotte norme volte a presumere, salvo prova contraria, il carattere coordinato e continuativo (e non autonomo e occasionale) della collaborazione tutte le volte che essa duri complessivamente più di sei mesi nell’arco di un anno, da essa il collaboratore ricavi più del 75% dei corrispettivi (anche se fatturati a più soggetti riconducibili alla medesima attività imprenditoriale), e comporti la fruizione di una postazione di lavoro presso il committente.
(…)
Rimangono comunque escluse da tali presunzioni, così come lo sono dalla disciplina del progetto, le collaborazioni professionali realizzate con professionisti iscritti ad albi, per attività riconducibili almeno in misura prevalente all’attività professionale contemplata dall’albo in discorso.

Partiamo dal fondo.

E’ inaccettabile la solita riproposizione dualistica professioni ordinistiche e non ordinistiche. E’ noto che posizioni di fatto subordinate sono diffuse presso attività ordinistiche (giornalisti, architetti, avvocati, medici etc.) quanto presso attività non ordinistiche (pubblicitari, formatori, designer, informatici, ricercatori, grafici, consulenti di vario tipo).
Quale principio giustificherebbe questa differenza? Le professioni ordinistiche sono semplicemente professioni nate prima, che hanno avuto modo di organizzarsi, creare alcune difese dalla concorrenza (sempre più insufficienti a garantire protezioni, e non per effetto delle liberalizzazioni) e costruire alcuni privilegi, tuttora inalterati, come quello di gestire in autonomia il proprio welfare, con costi drasticamente inferiori a quelli imposti ai professionisti delle aree più nuove (è mai possibile che la contribuzione pensionistica obbligatoria preveda versamenti del 27% per i non ordinisti e la metà per gli ordinisti?). E’ incredibile che questa impostazione duale venga riproposta in una riforma del mercato del lavoro che nasce proprio per contrastare i dualismi.

Vediamo ora i criteri che individuerebbero le “false partite Iva”. Sono due: monocommittenza e  “fruizione di una postazione di lavoro presso il committente”. Questo secondo criterio è nuovo e sostituisce il concetto di dipendenza economica, adoperato nelle vecchie proposte, ora riconosciuto controverso.

Ma davvero questo nuovo criterio è necessario e sufficiente a individuare le finte partite Iva? E come potrà essere applicato?

  • Un professionista può essere inserito organicamente in una struttura organizzativa e non avere alcuna postazione lavorativa stabile, perché il suo lavoro si svolge prevalentemente a distanza. Paradossalmente questo é vero soprattutto nelle nuove professioni basate sul web, le sole interessate dalla riforma, e non molte professioni più tradizionali ( es. medici a partita iva che devono prestare la loro attività presso strutture ospedaliere).
    La gran parte delle situazioni di abuso potranno facilmente eludere questa misura. La conclusione è che il criterio è insufficiente.
  • Viceversa ci sono attività (es. nella gestione di banche dati) in cui è necessario lavorare presso il cliente, oppure la disponibilità di una postazione può essere una facility proposta ai fornitori, che, in assenza di altri elementi (coordinamento gerarchico, orari prestabiliti, sotto posizione disciplinare…) non è sufficiente a individuare una posizione di subordinazione. La norma tuttavia lascia la possibilità di prova  contraria.
  •  L’ultima obiezione è sull’applicazione. C’è un cambiamento radicale nell’impostazione dell’azione per l’eliminazione degli abusi, viene meno uno dei principi che avevano ispirato la precedente proposta, ovvero la possibilità di individuare le “false partite Iva” a partire da condizioni oggettive riscontrabili con l’uso di banche dati fiscali-contributive, senza ricorrere ad attività ispettive. Per poter verificare la “fruizione di una postazione di lavoro presso il committente” è invece  ineludibile un’azione di controllo specifica. A questo punto perché non considerare un mix di più criteri, come già prevede la giurisprudenza?

Sulla riforma degli ammortizzatori sociali non esistono ancora documenti di riferimento, ma solo ampie “indiscrezioni” comparse sulla stampa.
Secondo queste indiscrezioni essa comporterà l’introduzione di un sussidio di disoccupazione per tutti i lavoratori, e saranno introdotti aumenti contributivi per reperire le risorse di copertura.
Prima di procedere lungo questa direzione occorre tuttavia definire i criteri che individuano lo status di disoccupato di un professionista autonomo. Continuerà ad essere necessario chiudere la partita Iva per essere considerati disoccupati? E’ evidente che questa non può essere la risposta, la chiusura della partita iva è una misura drastica, a cui si arriva quando si  rinuncia a rientrare nel mercato del lavoro.

Infine le risorse.
Non è proponibile un nuovo aumento dei contributi. Come abbiamo dimostrato nella nostra proposta, esistono margini per rimodulare i versamenti contributivi, riducendo quelli sulla pensione a favore di un’assicurazione contro la disoccupazione (e la malattia). E’ bene ricordare che l’insieme della pressione fiscale-previdenziale è al momento per la nostra categoria più elevata che per tutti gli altri  lavoratori, autonomi e dipendenti. Un ulteriore aggravio sarebbe solo una spinta aggiuntiva ad abbandonare il campo.

Anna Soru

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13 Commenti

  1. Alliandre

    Reply

    “e saranno introdotti aumenti contributivi per reperire le risorse di copertura.” MA ANCORA??? Ma allora non hanno capito NIENTE!

    16 Mar 2012
  2. luca

    Reply

    L’hanno fatto. Istigati dai sindacati dei garantiti i signori del governo, provenienti dalla casta delle università, si sono inventati l’ennesima misura da unione sovietica, per rendere dipendenti (con la bachetta magica?)le “finte partite iva”, punto e basta. Sappiamo tutti che il problema esiste, ma le disposizioni elaborate da questa gente, che semplicemente ignora cosa vuol dire lavorare nel mondo della consulenza alle aziende, faranno più danni che altro. Io rientrerei, da quello che ho capito, tra le finte p.iva, perchè da sempre sono sostanzialmente monocommittente, anche per mia libera scelta, e fatturo oltre il 75% da esso. Naturalmente il committente non è sempre lo stesso, vado a “cicli”, per un decennio collaboro prefessionalmente con una società di consulenza, e poi magari nel ciclo successivo collaboro con un altro committente. E’la follia al potere, praticamente mi si impedisce di lavorare, a parte il fatto che di lavoro ce n’è molto poco, che le condizioni previdenziali sono da apartheid, la tassazione è la più alta al mondo, e che come molti autonomi devo incassare fatture scadute da un pezzo. La situazione è la seguente:
    – le società di consulenza, per una serie di motivi reali e non pretestuosi, sui quali non mi dilungo, non può assumere gente;
    – io non ho nessuna voglia di essere assunto, perchè non sono un dipendente. Cosa dovrei fare? me li trova la Fornero altri committenti? oppure me li trova il sindacato?
    Ho chiuso la partita iva, restando socio Acta. Ed ho esaurito totalmente la voglia di restare in un paese del genere a morire lentamente.

    16 Mar 2012
  3. Anonimo codardo

    Reply

    Se passa sul serio considererò l’idea di andare all’estero. Scrivo software per società che lavorano per la difesa, per le telecomunicazioni, per la sanità. Ma veramente hanno intenzione di continuare a spararsi su non dico dove in questo modo ?

    16 Mar 2012
  4. chiara

    Reply

    Che ci voglia ordine è vero…ma si deve sempre passare da un estremo all’altro????
    Prima non si affrontava il problema e si chiudevano gli occhi davanti a questo incremento di giovani partite iva…ora si vuol far far passare a dipendenti praticamente tutti gli autonomi con rischio di:
    – incremento del lavoro nero e non pagato negli studi professionali
    – “licenziamenti”

    Inoltre se un giovane professionista diventasse dipendente a chi verserebbbe i contributi?? All’inps!!!!?????….A me non sembra una tutela ma un modo per spillare dei soldi dagli enti di previdenza degli ordini professionali.

    Io, che rientro in pieno nei tre punti (postazione fissa, fatturato, lavoro continuativo oltre i 6 mesi) rischio il posto di lavoro e se lo Stato fosse così gentile da indicarmi eventuali clienti sarei contenta, così magari potrei essere veramente autonoma.

    20 Mar 2012
  5. Milo

    Reply

    Per Chiara:

    penso proprio che, escludendo dalla presunzione di ‘finta partita iva’ le professioni ordinistiche (cosi’ com’e’ gia’ dal 2005 per le sanzioni contro il contratto a progetto), semplicemente, si vogliano evitare i problemi relativi alla conversione ‘coatta’ della contribuzione dalle casse private all’Inps (che, probabilmente, risulterebbe illegale e facilmente impugnabile).

    Inoltre, penso anche che ci siano problemi a far agire un giudice del lavoro contro un professionista tutelato dall’iscr. ad un Albo, per questioni relative alle leggi che regolamentano le professioni intellettuali (le professioni ordinistiche sono regolamentate da articoli del Cod. Civile differenti dal mero lavoro autonomo non ordinistico e il professionista risponde in termini disciplinari al proprio Ordine di riferimento, non all’ispettorato del lavoro).

    Per questo motivo, penso che, se la norma rimarra’ cosi’ com’e’ stata proposta (come mi auguro, escludendo gli ‘ordinistici’, fra i quali ci sono anch’io), dovresti ritenerti ‘salva’.

    In seconda analisi, e mi rivolgo ad ACTA e alle poche associazioni che possono almeno provare a difendere i nostri interessi, mi sembra che la norma sia assurdamente abnorme e ‘para-sovietica’: come si fa a distinguere una ‘finta’ partita iva con questi criteri? Vuol dire proprio non conoscere l’argomento! Fra l’altro, escludere una soglia economica dalla valutazione dell’applicabilita’ della norma e’ quanto meno paradossale.

    21 Mar 2012
  6. Cristina Zanni

    Reply

    Anch’io dapprima ho pensato che il metodo per scovare la finta partita iva fosse pensato solo da chi non ne capisce nulla, poi però ho avuto il dubbio che qualcuno abbia letto le nostre obiezioni alle precedenti ipotesi e abbia nei fatti ammorbidito la norma.
    Infatti se uno di noi, genuina partita iva, ha un periodo di monocommittenza in cui si trova a recarsi negli spazi del suo datore di lavoro, chi mai potrà verificare questo senza una denuncia/segnalazione? (per altro quando sei una genuina partita iva non fai proprio tutti i giorni le stesse cose nello stesso posto con orari da cartellino per sei mesi consecutivi!).
    Al contrario una finta partita iva avrà più armi per fare causa al sua datore di lavoro, dovendo solo dimostrare di aver lavorato per sei mesi presso la struttura del committente.
    Sono ancora convinta che i legislatori non conoscano bene l’argomento, ma forse ne hanno preso consapevolezza e hanno cercato una modalità (un po’ artigianale)per non eliminarci tutti.
    … o forse è solo che a volte spero che qualcuno ci ascolti e le nostre proteste non siano azzittite dai soliti lobbisti urlanti che difendeno i soliti diritti.

    21 Mar 2012
  7. stefano

    Reply

    trovo davvero incredibile che non vengano tutelati gli iscritti agli ordini: sono proprio loro i precari senza futuro! so bene di cosa parlo, sono architetto…

    21 Mar 2012
  8. edoardo

    Reply

    Concordo con Stefano… e lo dico da medico che da 5 anni lavora come “consulente” presso un policlinico universitario 24 ore su 24 (guardie notte comprese) con un impegno orario nettamente superiore a quello dei colleghi “strutturati” a parità di responsabilità e mansioni professionali…

    Una vergogna che l’Italia sia l’unico paese al mondo a sfruttare in questo modo vergognoso le sue risorse culturali e professionali.
    Vergogna.

    22 Mar 2012
  9. carmelo

    Reply

    io rientrerei nelle c.d finte p.iva della ministra fornero ma se a me va benissimo come sto perche’ riesco a guadagnare il triplo di un dipendente ho orari flessibili, la possibilita’ di assentarmi dal lavoro senza aver ” maturato ferie” e senza chiedere permessi, perche’ devo essere assunto e peggiorare la mia condizione… Non capisco proprio… O sono i governanti a non capire….

    22 Mar 2012
  10. nikema

    Reply

    pazzesco, per qualcuno sembrerà una norma migliorativa che salva i finti rapporti di lavoro subordinati, ma poi in pratica quelli che realmente andrebbero sistemati, che rientrano spesso negli ordini, non vengono inclusi (cosi’ come con l’art. 18 “modificato” al solito gli statali non vengono inclusi, proprio laddove servirebbe di più e veramente) e chi veramente vuole e necessita, per scelta e tipologia del mercato del lavoro, la partita iva non potrà farlo ed anzi rischia pure il posto di lavoro, ma siamo tutti impazziti?? ma questa è la soluzione per salvare od affossare l’Italia?
    io VOGLIO lavorare da autonomo ed a partita iva, nessuno mi obbliga, ma perchè non lo posso fare??? come scriveva @carmelo è anche una scelta e così non si tutela veramente che invece è costretto a farlo perchè obbligato. Mi auguro che l’ACTA riesca a portare le ns ragioni almeno all’attenzione dei “tecnici”, anche se purtroppo la vedo dura occorre farsi sentire, fare qualcosa

    22 Mar 2012
  11. giacomo

    Reply

    e cosa dire degli appalti che servono ad esternalizzare servizi pagati la metà? Sono un professionista che lavora nella p.a. da anni tramite cooperativa sociale a fianco di personale dipendente lautamente e comodamente pagato dalla p.a Resisto strenuamente, non voglio essere assunto e vincolato da assunzione della cooperativa, mantenendo un rapporto con p.iva. IL MIO PROBLEMA è l’interposizione della cooperativa, che paga due lire personale che invece la p.a. paga almeno il doppio se interno. Con questa legge, se mi impongono l’assunzione me la impongono con la cooperativa – cosa che voglio evitare da anni: io voglio essere ASSUNTO dalla p.a. e non dalla COOPERATIVA SOCIALE con uno stipendio da fame, ma purtroppo in Italia alla p.a. è concesso tutto: assumere personale sottopagato grazie al giochino della esternalizzazione dei servizi e metterlo a fianco del personale dipendente di serie “A”. assurdo

    23 Mar 2012
  12. fr.egizii@gmail.com

    Reply

    Link al documento di riforma del mercato del lavoro,
    leggetelo e se rimane così quale sarà il futuro di tutti i professionisti con P.IVA che non sono iscritti ad un ordine ?
    http://ilportaborse.com/2012/03/il-testo-della-riforma-del-mercato-del-lavoro/

    24 Mar 2012
  13. Pingback: ACTA

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Riforma del lavoro e partite Iva, ancora non ci siamo

di Anna Soru tempo di lettura: 3 min
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