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Metti una sera a Milano…una partita IVA nel regno della classe operaia

22 Marzo 2012 Diritti, Lavoro

Il 21 marzo ho partecipato come relatrice all’incontro organizzato da SEL – Sinistra Ecologia e Libertà – sul tema “Questione fiscale: redistribuzione per una crescita sostenibile”, incontro che rientra in un ciclo di sette serate, pensate come un percorso di riflessione dall’incoraggiante titolo “Guardare il presente per vedere oltre…”
La serata sembrava partita sottotono: mancava un relatore, Marco Causi della Commissione Finanze della Camera dei Deputati, Sergio Bologna veniva sostituito da me, Alessandro Santoro esperto in tema di fisco e finanze era in ritardo. Abbiamo iniziato alle 21.30, ma subito gli interventi hanno scaldato il pubblico.
I temi proposti dal moderatore in fase di apertura del dibattito abbracciavano davvero un ventaglio molto ampio: tasse e legalità, fisco e crescita, redistribuzione e presunta capacità contributiva delle nuove figure nel mondo del lavoro, tra cui le partite IVA..
L’intervento di Santoro è stato subito diretto ed immediato, contenendo tra i messaggi chiave come il fisco da solo non risolve i problemi di giustizia sociale, l’errore da parte della sinistra di aver fatto finora leva su questo tema, l’auspicio di una patrimoniale ma senza dimenticare che questo si traduce al 50% nella tassazione delle prime case e quindi non si può contemporaneamente essere contro l’ICI/IMU e a favore della patrimoniale, i livelli patologici di evasione presenti in Italia e l’appropriatezza o meno degli interventi per ridurre le opportunità di evadere, i totem della sinistra in fatto di lavoro e il massacro sui redditi da lavoro cui abbiamo assistito con le misure fiscali praticate fino a oggi.
Nel mio spazio di intervento mi sono concentrata sulla dimostrazione, supportata da un paio di illustrazioni/slides, di come il lavoro autonomo abbia la più alta imposizione fiscale e contributiva, di come sia stato il grande assente nella riforma del lavoro in fase di approvazione, e della necessità di un’inversione di rotta, dando sufficiente spazio prima alle “presentazioni”, ovvero a chi è ACTA e chi sono i professionisti autonomi, informazioni assolutamente necessarie, soprattutto se rivolte ad una platea abituata a riconoscerci per stereotipi, come puntualmente è emerso nel dibattito successivo.
Santoro ha immediatamente plaudito l’organizzazione dell’incontro per aver dato spazio a degli attori “nuovi” nella scena dei tradizionali dibattiti della sinistra, come i lavoratori a Partita IVA.
Vi lascio immaginare come per una parte dei presenti a questo punto la misura fosse colma. L’intervento più colorito è stato quello di un anziano militante che ha premesso come quello che aveva da dire venisse dalla “pancia” e poi ha sottolineato come, pur nella umana comprensione delle problematiche da me esposte, la sinistra debba occuparsi della classe operaia, di chi guadagna 1.200 euro al mese, di chi soffre veramente e non solo “intellettualmente”, concludendo con un “meno male che la Camusso c’è”.
Una cortese signora mi ha ricordato che alle nostre tutele dobbiamo pensarci noi facendoci pagare di più dai clienti, ed è stato anche detto che bisogna concentrare le risorse sul lavoro dipendente a basso reddito.
In realtà, a fianco di queste immaginabili reazioni, molti dei presenti hanno espresso, anche a chiusura dei lavori, il loro apprezzamento per i temi portati da ACTA e in molti hanno chiesto riferimenti miei e del sito.
Io non so se sia stata la ricchezza della mia chioma a far immaginare al signore “toccato nella pancia” che io soffra solo intellettualmente per i problemi esposti, ad ogni modo ho cercato di chiarirgli che anch’io ho un mutuo da pagare e che forse bisogna cominciare a intravedere che la nuova classe operaia siamo noi e che, e questo ho percepito ha subito reso l’aria più accogliente, è sbagliato pensare alla nostra categoria di lavoratori come elettori di destra perché molti di noi sono elettori della sinistra e continuare ad essere ignorati quando non massacrati dalle linee di intervento di questa parte politica fa male anche alla nostra di “pancia”.
Infine, dopo le doverose risposte dei relatori e numerosi inviti da parte degli addetti alla sala che ci ospitava di chiudere, abbiamo chiuso i lavori alle 23.30, con una bella sensazione di vivacità.

Marialuisa Di Bella

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4 Commenti

  1. Andrea

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    Parole sante quello che hai detto.
    E’ comod dire arrangiatevi quando paghaimo anche più dei dipendenti per avere meno.
    Ma che discorso è, come quello di Angeletti, o suoi colleghi, che chi ha la partita IVA si è cercato i problemi sa solo e si deve arrangiare. Bel modo di certea parte politica di risolvere il problema del lavoro.
    Dove è scritto che solo il lavoro dipendente è il vero lavoro e va sempre e comunque difeso a scapito di altre categorie di lavoro, mentre il lavoro a partita IVA è un falso lavoro o un non lavoro.
    Hai detto bene: siamo noi la nuova generazione di “operai” non tutelati non i dipendenti soprattutto se a tempo indeterminato.
    Io sento delle testiminianze dove dipendenti si girano dall’altra parte difronte ai problemi aziendali, sapendo di non poter essere licenziati. Io se mi giro dall’altra parte la volta successiva non lavoro più.
    Certa politica e un certo mondo del laovro, sarebbe ora cominciasse a essere più responsabile del suo lavoro e capire che dobbiamo creare una giustizia sociale indipendentemente del tipo di lavoro o contratto si ha.
    Tutti devo dare e ricevere ugualmente con le dovute proporzioni. Invece si continua sempre con le distinzini: Pubblico-Privato, dipendente-Autonomo, ecc. Questo fa parte di un mondo antico che non vuole cambiare in meglio o renderlo migliore, solo per l’egoismo di chi ha avuto e ha e non vuole distribuire nulla a chi viene e non riesce ad avere nulla per la sua vita, per il suo lavoro e per il suo futuro.
    Saluti.

    22 Mar 2012
  2. Paola

    Reply

    Mah, qualche giorno fa, in una trasmissione che doveva essere su LA7, un giornalista (credo) parlava di alcune grandi aziende private che hanno un numero spropositato di sindaci o di direttori con pensioni da capogiro. Invece che farsi la lotta fra poveri, bisognerebbe indagare più approfonditamente e sanare queste anomalie.
    Una per tutti: Mastrapasqua, Presidente INPS, raccoglie sotto di sè qualcosa come 24 incarichi statali per una pensione totale di oltre 1 milione e 200 mila euro. E poi chiedono a te e a me e a tutti i cittadini di andare a ragionare con lui di pensioni…. Insomma, mi sono spiegata?

    22 Mar 2012
  3. susanna

    Reply

    fare da soli? sì grazie!ci si dimentica che fino al 1995 era proprio così che funzionava:lo stato non ci chiedeva nulla, almeno sotto il profilo contributivo, e noi non chiedevamo nulla allo stato. Allora eravamo veramente indipendenti, con tutte le responsabilità e le libertà di scelta che questo comportava. Niente maternità, niente malattia, niente disoccupazione.Poi lo stato si è accorto che il suo, di sistema contributivo, non reggeva, e ha deciso di fare cassa su di noi,ha cominciato a chiedere, senza dare niente in cambio. Ma perchè nessuno si ricorda mai di niente, in questo paese?

    23 Mar 2012
  4. Matteo

    Reply

    Che coraggio… nella tana del lupo!

    Il problema è che il sindacato (composto per la maggior parte da pensionati, il che è già indicativo) ancora divide il mondo del lavoro in padroni (lupi) e operai (agnelli), quando invece l’anello debole non è più quello della classe operaia, ma quello dei settori (pochi e di solito identificabili generazionalmente) che deve sopportare per intero il peso della competitività, a cui i protetti dei sindacati si sono sottratti per decenni.

    23 Mar 2012

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Metti una sera a Milano…una partita IVA nel regno della classe opera…

di Marialuisa Di Bella tempo di lettura: 3 min
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