Argomenti

Articoli recenti

Sostieni ACTA

Fai valere i tuoi diritti di freelance! Sostieni Acta e assicurati un futuro lavorativo migliore grazie a vantaggi, convenzioni e maggiori tutele.

IRAP – La ricompensa della fatica di ricorrere al giudice tributario

12 Dicembre 2011 Fisco, News

Quello dei ricorsi in tema di IRAP è un tema che è stato più volte affrontato da ACTA.
Diversi nostri soci infatti hanno negli ultimi anni annunciato di aver vinto i ricorsi in cui chiedevano il rimborso dell’IRAP, molto spesso in Cassazione (giudizio di 3° grado), dopo aver quindi percorso una strada lunga per far valere le proprie ragioni.
Oggi voglio annunciarvi la mia soddisfazione per aver vinto il ricorso avverso la cartella di pagamento che mi era stata inviata perché ho smesso di pagare l’IRAP non ritenendo di essere assoggettabile al tributo, e soprattutto la mia soddisfazione per aver raggiunto questo risultato con una procedura “fai-da-te”, senza cioè dover ricorrere a commercialisti o avvocati, ma solo avvantaggiandomi dell’esperienza dei miei compagni di lavoro di ACTA.


La situazione oggi è che, malgrado gli ormai numerosi pronunciamenti del giudice tributario a favore dei lavoratori autonomi, non è ancora chiaro chi debba pagare l’IRAP e chi no, perchè non sono stati definiti in maniera certa i confini di una “attività autonomamente organizzata”. Così, noi “partite IVA da salotto” – così ironicamente definiti in un articolo del Corriere della Sera dell’anno scorso per evidenziare il fatto che spesso svolgiamo la nostra attività lavorativa presso la nostra stessa abitazione – abbiamo davanti tre possibilità: non pagare l’IRAP, rischiando di dover successivamente affrontare un contenzioso; pagare il tributo e poi chiederne il rimborso; pagare e basta, infatti molti di noi non sono sensibilizzati a riguardo e molti commercialisti consigliano questa via per evitare qualsiasi contenzioso.
Quando a maggio del 2011 mi sono vista recapitare una cartella di pagamento – che mi aspettavo – a fronte del mancato versamento dell’IRAP 2007, non ho pensato neanche per un minuto di doverla pagare e ho messo a frutto le conoscenze accumulate in questi anni in cui ho approfondito il tema per l’associazione (ricorsi vinti dai soci, sentenze favorevoli delle Commissioni tributarie e della Cassazione, produzione letteraria sul tema, etc.).
Ebbene, ho impiegato del tempo – il mio – a scrivere, presentare, seguire il ricorso, chiedendo, sbagliando, riparando nelle varie sedi; si, una bella fatica, ma ricompensata dal fatto che, in un tempo ragionevole, a novembre 2011 mi è arrivata la sentenza che accoglie il mio ricorso.
Cosa mi piacerebbe adesso? Che tutti i soci ACTA che ancora pagano l’IRAP, e sono tanti, decidessero di seguire questa strada, che la mia esperienza confluisse in un servizio per tutti i soci che si dicono disponibili a farlo senza dover affrontare spese che in parte andrebbero a riassorbirne il beneficio, che in un momento così oneroso per noi lavoratori indipendenti (recenti aumenti INPS e IVA e altre misure in discussione) riuscissimo tutti a vincere almeno sul fronte IRAP.

Marialuisa Di Bella

ARTICOLI CORRELATI

12 Commenti

  1. nikema

    Reply

    Perchè non pubblicare un bel kit per fare ricorso? Riferimenti normativi, procedure, documenti, tempistiche, obiezioni e problemi più comuni, ecc.. sono socio da poco.. non sapevo neanche che c’era questa possibilità! 😉

    12 Dic 2011
  2. rinaldo

    Reply

    Brava Marialuisa. Un chiaro esempio di come la pervicacia personale porta a buon esiti. Complimenti personali. Io sono ritornato a vivere a Cagliari, dove sto riflettendo sull’opportunità di far crescere un “distaccamento” di ACTA. Vedremo se son rose… e dinuovo complimenti.

    12 Dic 2011
  3. James DAVIS

    Reply

    Grazie Marialuisa. Complimenti 🙂
    Infatti, un bel kit sarebbe ideale. E poi il mio commercialiste non è molto entusiasta.
    Jim

    12 Dic 2011
  4. Maria

    Reply

    Complimenti!!!!! a che codice attività hai? Anch’io sono interessata all’argomento.

    12 Dic 2011
  5. Graziano Soru

    Reply

    Complimenti.

    Sono tante le cose che facciamo, rispettiamo e per questo veniamo fregati legalmente. E’ è un importante vittoria ma purtroppo un po’ amara. Il tempo, lo stress e l’arrabbiatura che ci si prende per qualcosa non dovuta sin dall’inizio nessuno li rimborsa e se non avessi avuto il discernimento per comprendere le leggi chissà se te la saresti cavata. Tu sei il miglior avvocato di te stessa.

    Voglio fare una critica, una provocazione, vi voglio porre delle questioni su cui riflettere: siamo sicuri che addirittura il lavoro autonomo verso cui siamo stati indirizzati, sia una professione o non sia un’opera d’ingegno di carattere creativo?

    In base alla legge le professioni sono sicuramente quelle regolamentate da albi (spesso vengono chiamate caste) di avvocato, ingegnere, commercialista, notai, geometri, giornalisti, taxisti, ecc.

    Cosa sono le arti? Nel successo nelle arti è preminente la capacità personale. Ma tutto quello fatto con un minimo di creatività è un’arte? Non è arte per legge se si tratta di mero lavoro compilativo o burocratico. Se ne parla nella Legge 22 aprile 1941 n. 633 agli artt.1-5. Di tutte le arti sono presumibilmente professionali quelle che si occupano di pubblicità commerciale, dell’industria cinematografica e delle opere architettoniche, le altre arti non sono presumibilmente professionali. Le opere d’ingegno creativo non sono soggette ad IVA se cedute direttamente dagli autori che siano privati o professionisti e ne cedono contestualmente i diritti esclusivi di utilizzazione. Gli autori possono restare privati non sono soggetti a IVA, INPS se non volontariamente o in quanto lavoratori dello spettacolo (ex ENPAS) e non sono soggetti a nulla di burocratico se non alla dichiarazione dei redditi.

    Fatta la mia provocazione, verificatene la fondatezza e vediamo quanti lavoratori autonomi non regolamentati sono in realtà artisti pur non sapendolo e come tali contribuiscono già più di quanto dovuto per legge e oltre a pagare più di quanto di loro competenza si dimentica dei loro diritti e dei loro interessi visto che accettano di essere professionisti senza esserlo…

    Es.: se un geometra funzionario pubblico e senza partita iva e non iscritto all’albo fa un progetto e non fattura è un evasore o invece è un artista che crea un progetto in quanto artista e lo vende? difficilmente si tratterà di un opera architettonica ma di un progetto tecnico per uso civile ceduto ad un privato…

    Il traduttore, lo scrittore, lo scultore, il programmatore, il cantante, i gruppi musicali (autore di opere collettive o autori di opere in comunione), il fotografo, il pittore, l’artista da strada o il creatore di gioiellini o di soprammobili fatti a mano che sono tutti pezzi unici, il carpentiere, il falegname, il cuoco se non hanno una struttura artigianale con capannone e dipendenti o una struttura commerciale o industriale cosa sono? Sono artisti e autori? Molti di loro sicuramente. Un privato può avere liberamente un suo laboratorio artistico o hobbystico e in quanto autore può esporre e vendere.

    Mi chiedo forse è consigliato dichiararsi professionisti o commercianti o artigiani altrimenti la loro abitualità non conterebbe per renderli soggetti IVA e a tutti gli adempimenti che necessitato di professionisti veri e alle presunzioni tributarie?

    Sicuramente ci sono dei limiti a non avere la partita iva, come non poter acquistare in un ingrosso neanche dei consumabili o il non potersi fare pubblicità commerciale, ma la pubblicità informativa o l’esposizione senza mettere in vendita con qualunque mezzo e senza esposizione di prezzi è libera; se si è costretti a chiudere da professionisti per importanti ragioni economiche come ho letto che a troppi succede, se la vostra è arte… informatevi direttamente alla fonte legislativa, così non smetteterete di produrre e continuerete a dare il vostro apporto alla società sfruttando il diritto originario che nessuno può togliere perchè sancito dalla carta verde europea, dalla costituzione, dalla legge sui diritti d’autore, dalla legge iva non è professione abituale, dalla legge sul commercio non è commercio, ecc.

    Se la mia critica fosse corretta e non ce la fate e per gravi ragioni economiche e pensate di chiudere: chiudete prima di finire con lo strozzino o con le agenzie alle costole che vi vogliono fare fregare la casa. Prendetevi minimo un mese di pausa per depressione e stress e poi riprendete l’attività ma da artisti. Se secondo voi non rientrate come artisti potete farlo da hobbisti: sono tutti quelli non abitualmente professionali che non sono artisti o autori. Come privati pagate le tasse così nessuno può avere ragione di dubitare della vostra onestà davanti al fisco, se in futuro vi contestassero che altri lo fanno come professionisti abituali, ribatterete che lo fate perchè la legge lo prevede, eravate in gravi condizioni economiche e vi avvalete di un vostro diritto originario. Quando vi rimetterete in sesto riprenderete l’attività professionale per ampliare il mercato o svolgere attività maggiormente commerciali se ambite a ciò o perchè preferite lavorare così.

    Spero che la mia critica vi possa essere utile.

    12 Dic 2011
  6. Marialuisa Di Bella

    Reply

    Grazie per i complimenti.
    Al kit abbiamo pensato e l’unico impedimento finora è stata la mancanza di tempo perché – è bene sempre ricordarlo – tutto quello che facciamo per ACTA è attività di volontariato. Penso di lavorarci su a breve.

    A James, e non solo, dico: purtroppo di commercialisti entusiasti su questo fronte non ne conosciamo, vince la prudenza e quindi ti dicono paga e, se proprio vuoi tentare, chiedi il rimborso. Se non paghi il rischio lo corri, con la cartella ti chiedono il pagamento anche delle sanzioni. Ma ho verificato, grazie anche all’esperienza di molti soci – che la giurisprudenza in materia, sempre più favorevole ai contribuenti, ha cambiato le regole. Prima l’Agenzia delle Entrate ti portava fino in Cassazione anche se avevi vinto i primi due livelli di giudizio, oggi molte Direzioni Provinciali hanno disposto di fermarsi al primo grado se il giudice tributario dà ragione al contribuente.

    @Maria, più che al codice attività (ricerca), devi valutare gli indicatori dell'”attività autonomamente organizzata” che si leggono attraverso le scritture contabili.

    @Graziano: sicuramente in questa vicenda sono stata anche un po’ artista:-)

    13 Dic 2011
  7. Andrea Pelli

    Reply

    cara Marialuisa,
    complimenti e grazie: io a partire dall’ultima scadenza ho deciso di impuntarmi, contravvenire al consiglio del mio commercialista e smettere di pagare l’irap e a breve chiederò il rimborso di quella versata in precedenza. In questa decisione sono stato confortato da due elementi: una circolare dell’agenzia delle entrate (n. 45 del 13/06/08), che stabilisce come uno dei criteri per cui non sussiste sicuramente autonoma organizzazione sia l’esistenza dei requisiti per l’iscrizione all’ex regime dei minimi, e il parere di un amico commercialista, che su questa base ha già ottenuto due rimborsi per suoi clienti.
    Spero di aver dato qualche piccola indicazione utile; ti ringrazio in anticipo per la tua disponibilità e credo che ci sentiremo presto…
    Andrea – Programmatore web “da salotto”

    13 Dic 2011
  8. Carlo

    Reply

    Dal 2011 anch’io ho deciso di non pagare più l’IRAP, con il parere ovviamente scettico del commercialista, rischiando la probabile cartella esattoriale. Del resto svolgo un’attività di sviluppatore software come lavoratore autonomo, quasi sempre presso il cliente, senza collaboratori.
    Per questo ti chiedo anch’io, appena puoi, di darci qualche dritta su come agire in caso di esattori alle calcagna. Anche solo il primo passo da fare, così possiamo respirare in attesa delle mosse successive.
    Grazie Marialuisa per il lavoro che hai fatto e che farai ancora 🙂

    13 Dic 2011
  9. Mario Panzeri

    Reply

    L’avete notato? Con lo stato si perde anche quando si vince, grazie alla sudditanza psicologica di tante commissioni tributarie verso l’ammministrazione finaziaria. Perché mai, nel caso qui presentato, e come nella maggior parte dei casi, le spese del giudizio sono state compensate tra le parti? Dopo numerose pronunce della Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite, contarie all’assoggettamento all’IRAP dei professionisti privi di organizzazione, l’agenzia delle entrate continua in molti casi a pretendere che l’imposta venga ugualmente pagata, emettendo accertamenti del tutto indebiti: in sostanza ci prova, nella quasi certezza che, mal che vada – cioè in caso di sua soccombenza – i giudici tributari non faranno cadere il carico delle spese processuali soltanto sulla parte che ha operato negando l’evidenza, ma sarà campensato. Troppo comodo, soprattutto troppo iniquo, considerata anche la sproporzione di forze tra il contribuente – in particolare il professionista privo di organizzazione – e l’amministrazione finanziaria. E’ giusto ma anche facile parlare di evasione fiscale: le vessazioni del moloch statale nei confronti dei contribuenti restano invece un argomento tabù.

    15 Dic 2011
  10. Paola

    Reply

    Anche io sono una libera professionista alle prese con la voglia di presentare istanza di rimborso per l’IRAP fattomi pagare indebitamente dal commercialista. La mia attività frutta quel che frutta e quindi anche le somme di cui chiedere il rimborso sono cifre piccole. Purtroppo dover pagare un commercialista/avvocato per seguire la pratica del rimborso e non avere la certezza sull’esito positivo mi blocca, mi rende indecisa sull’intraprendere o meno questa strada. Penso che questo punto sia comune a molti.
    Per questo motivo il Kit di cui si parla sopra sarebbe un valido aiuto, per potermi districare nei cavilli del fisco.
    Ci sono novità riguardo al kit?
    Grazie

    3 Feb 2012
  11. stefano.pastore

    Reply

    In una sola parola, sconfortante. Davide contro Golia. Spettatori pagati, i commercialisti, che ovviamente non entrano nel merito e scoraggiano il proprio assistito chiedendo una lettera di scarico di responsabilità, nell’eventualità che il Don Chisciotte di turno impazzisca scagliandosi contro i mulini a vento. La vacca del popolo delle parite IVA da salotto, così isolata, è al tempo stesso troppo succulenta da mungere. Qui c’è molta gente in gamba, tutt’altro che evasori, persone che si fanno
    una marea di scrupoli (pagare non pagare, ricorso non ricorso). Dall’altra parte l’amministrazione finanziaria che butta lì un tributo così fumoso da creare quella nebbia di indeterminazione e paura, rete nella quale cadono soprattutto quelli onesti.

    12 Mar 2012
  12. federico

    Reply

    Poichè debbo far ricorso per l’irap mi sarebbe gradito avere lo schema usato per il ricorso per potermi confrontare.
    Grazie.
    Federico Orazi

    9 Ago 2012

Lascia un commento

IRAP – La ricompensa della fatica di ricorrere al giudice tributario…

di Marialuisa Di Bella tempo di lettura: 2 min
12