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Nasce il Giornale delle Partite IVA

20 Settembre 2010 News

Il Giornale delle Partite IVADiretto da Francesco Bogliari (già direttore di Espansione, L’Impresa, Business People e altre testate economiche), Il Giornale delle Partite Iva ha deciso di accettare la sfida della distribuzione in edicola con una diffusione di ben 100.000 copie (!), puntando a un pubblico di professionisti autonomi titolari di Partita Iva, un popolo di “oltre 3 milioni di persone che lavorano senza le normali protezioni dello Stato sociale, ma al contempo sono tartassati da un Fisco rapace che tanto prende e poco rende. […] Un’area in costante crescita, alimentata com’è dai giovani che non trovano lavoro e dai dipendenti cinquantenni che lo perdono prematuramente per licenziamento o chiusura delle imprese“.

Come recita il Comunicato Stampa (.DOC in download) di lancio della rivista, il nuovo Giornale si definisce:

[…] la voce degli invisibili, dei lavoratori con diritti limitati, figli di un welfare minore, privi di rappresentanza sindacale e politica.

Il nuovo mensile di 96 pagine, scritto con linguaggio divulgativo, sarà in edicola dal 30 settembre al prezzo di copertina di € 4,50. La rivista è stata presentata in anteprima ad ACTA come segno di interesse per le nostre attività e riconoscimento del ruolo che oggi ricopriamo nel rappresentare questo segmento di lavoratori italiani. Nel primo numero vedrà spazio anche un’intervista ad Anna Soru, presidente ACTA.

Tra gli altri argomenti trattati: “Una pensione da fame”; “Il popolo Iva alla guerra dell’Irap”; “Maternità, un lusso per le professioniste con Iva”; “Patti chiari con la banca”; “Alla ricerca del credito perduto”.

Beh, in bocca al lupo per questo progetto editoriale!

Dario Banfi

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1 Commenti

  1. paolo rosa

    Reply

    DIRITTO OSSERVATORIO/misure urgenti Articoli – Quotidiano del: 16/09/2011
    La crisi, gli avvocati, il dragone cinese e lo spirito di un tempo

    di Paolo Rosa *

    Gli economisti scendano in campo con proposte fattibili e gli italiani non si tireranno indietro! …È con queste parole che ho chiuso il mio ultimo articolo ed è con queste parole che intendo aprirne uno nuovo per stimolare un dibattito costruttivo che vada al di là di ogni appartenenza politica.
    In questo momento, porre l’accento sulla riduzione delle spese della cosiddetta «casta» politica, pur trovandomi pienamente d’accordo, risponde più ad un’esigenza etica e di equità sociale che di soluzione all’equilibrio del PIL e al risanamento dell’economia e del debito pubblico che ha ormai raggiunto i 1.910 miliardi di euro.
    Tra il resto, impazzano su internet documentate denunce di sprechi da parte dei nostri parlamentari più illuminanti di qualsivoglia commento.
    Il Paese, quello reale, sta prendendo le distanze ma i parlamentari sembrano quasi non accorgersene.
    Io mi sono permesso di girare una di queste mail ad un parlamentare che conosco da tempo per sentirmi rispondere «che sarei male informato» mentre lo scopo non era quello di essere informato ma di avvisare di una frattura che si sta rapidamente allargando.
    La rappresentanza si svolge a termine e poi si ritorna alla propria attività senza lacci o laccioli o strapuntini di sottogoverno! Sicuramente razionalizzare le spese e ridurre il numero dei parlamentari/senatori è un discorso pregnante in cui credo ma in questa fase le priorità del Paese sono altre.
    Inutile impegnare gli organi deliberanti in lunghe ed estenuanti discussioni dando loro ulteriori alibi che li giustifichino nel perseguire l’inattività e l’ immobilismo che sta facendo pagare un caro prezzo al nostro Paese. Bisogna recuperare l’identità sociale e un po’ di orgoglio nazionale per contribuire a risanare un paese che oggi soffre e con Lui soffrono tutte le classi sociali, in particolare quelle più deboli.
    Non possiamo permetterlo, dobbiamo difendere tutti uniti l’Italia. Chi può deve metterci la faccia e avere il coraggio delle proprie azioni assumendosi la responsabilità di dire anche cose impopolari per il bene comune o indicare soluzioni che da una sana dialettica portino ad una scelta equilibrata. Dobbiamo riscoprire lo spirito dei padri costituenti quando lavorare per il Paese era un onore ed un prestigio e non un modo per ottenere vantaggi dal ruolo.
    Come cittadino e uomo della strada sono indignato che nel panorama politico si passi il tempo a litigare senza costrutto e mi spiace dover constatare che il medesimo spirito aleggia in ogni schieramento politico.
    Abbiamo capito tutti che la situazione è stata sottovalutata, abbiamo tutti chiaro che il nostro Presidente del Consiglio ha problemi che vanno chiariti e abbiamo tutti compreso che l’opposizione non concorda – pur avendole spesse volte anticipate – con le proposte che la maggioranza porta avanti … ma in questa fase di stallo … possibile mai che non si abbia il coraggio di mettersi per il bene del Paese tutti intorno ad un tavolo, rinunciare ad un po’ di protagonismo e mettersi a servizio dello Stato?
    La pregiudiziale – via Berlusconi – che ci perseguita come un mantra insegue un obiettivo politico e quindi per quella parte politica un vantaggio che si vuol conseguire dalla crisi sovvertendo il risultato del voto popolare. La questione sarà definita, in un senso o nell’altro, alle prossime politiche.
    Oggi si tratta di aggredire la crisi tutti insieme con la passione politica. E’ possibile mai perseguire questi atteggiamenti mentre il Paese è preda di speculazioni finanziarie che peggiorano le condizioni di tante famiglie e/o anziani che faticano ad arrivare alla fine mese in cui tanti giovani non riescano a costruire né a pianificare un futuro e dove si centellinano i soldi per la scolarizzazione dei nostri bambini collocandoci all’ultimo posto dell’OCSE?
    Il differenziale tra i nostri titoli e quelli tedeschi sta diventando un incubo notturno e la volatilità dei mercati la colazione quotidiana e i diagrammi di fine giornata la nostra settimana enigmistica a caro prezzo.
    Ma dov’è finito lo spirito con il quale gli italiani hanno sempre affrontato le situazioni difficili? Rispettiamo così la memoria di tanti servitori fedeli dello Stato che sono morti per difendere ideali di giustizia ed di equità litigando senza costruire? Dov’è finita la nostra credibilità se noi stessi non crediamo più nelle nostre possibilità e nelle nostre risorse? Dove sono finiti i 260mila avvocati italiani dai quali il Paese si aspetta consigli, suggerimenti, conciliazioni? Possibile mai che sulla stampa internazionale emerga solo il lato oscuro dell’Italia? Lato peraltro comune a tanti Paesi che però non vengono ricordati solo per quello.
    Possibile mai che un Paese meraviglioso per storia e cultura che vanta realtà industriali anche medio piccole di indubbio prestigio, composto da famiglie che se pur con estremi sacrifici continuano a risparmiare, venga unto come se fosse in punto di morte senza che nessuno si senta in diritto di difenderlo a spada tratta? Difenderlo con un piano di interventi seri e non con manovre raffazzonate che non portano a costruire ma solo parzialmente a sanare i vistosi buchi di cui la comunità europea ci accusa.
    Io non sono un economista e non ho certo l’arroganza di pensare di avere le soluzioni in tasca però nel piccolo della mia esperienza di avvocato e gestore, un tempo , di un Ente di Previdenza pur avendo le mie idee politiche penso che senza la collaborazione tra i vari schieramenti non si andrà da alcuna parte.
    Destra centro e sinistra si debbono sedere attorno ad un tavolo per il bene del Paese e anche della politica per riaffermarne il giusto ruolo. Devono sedersi intorno ad un tavolo litigare fino all’estremo ma tirare fuori una sorta di piano Marshall spiegando agli italiani bene i sacrifici che dovranno affrontare ma nello stesso devono chiarire bene anche i risultati che ne deriveranno a vantaggio di tutti.
    La UE e la Cina possono darci una mano, come si legge, ma non risolvere il problema del debito pubblico italiano.
    Basta mettere le mani in tasca a chi già è ligio alle regole senza un percorso programmatico, ci vogliono le riforme.
    E’ inutile dire che la prima riforma che serve è quella delle pensioni … nessun politico vuole affrontare l’argomento perché è così spigoloso che comunque vada … sono voti persi, però se non si parte dal welfare è inutile ogni sforzo.
    Come ho gia’ scritto: «è necessario estendere il sistema di calcolo contributivo a far tempo dal 1° gennaio 2012 a tutti gli italiani (parlamentari compresi) con la garanzia del pro rata temporis, abolire le pensioni di anzianità, eccezion fatta per i lavori usuranti, e mettere un contributo di solidarietà su tutte le pensioni retributive a favore delle giovani generazioni per rinvigorire e riscrivere il patto intergenerazionale». Nessuno toglierà alcunché alle vecchiette di Bossi ma si renderà il sistema più equo e quindi più sopportabile nel tempo.
    La riforma delle pensioni libererebbe cosi’ risorse per fare un piano di investimento sulle infrastrutture. Bisogna tornare ad investire seriamente in Italia sviluppando il paese, ormai fermo da troppo tempo. Le infrastrutture costituirebbero il volano dell’economia, creerebbero posti di lavoro, assolverebbero al doppio fine di promuovere e sviluppare il Paese (anche a favore dell’industria e del turismo) e sviluppare la domanda e offerta tramite lo sviluppo occupazionale.
    Un esempio su tutto: «Vi rendete conto che le coste del nostro Meridione non hanno nulla da invidiare a coste più famose?». Eppure basta vedere le strade/treni/aeroporti per raggiungerle per capire che potenziale si sta affossando penalizzando il Sud che rimane sempre più depresso?
    In tutto questo piano di «risanamento Italia» un ruolo attivo dovrebbero avere anche le Banche. Per troppo tempo hanno fatto il bello ed il cattivo tempo come una casta di intoccabili creando e contribuendo alla crisi senza mai risponderne direttamente. Bene è il momento che restituiscano un pò dei margini che hanno accantonato nel tempo.
    Non si può chiedere un sacrificio a livello pensionistico se non lo si bilancia con un aumento della qualità di vita.
    Iniziamo a rendere più agevole l’accesso al mercato del credito per iniziative imprenditoriali e per l’industria affinché si possa aiutare chi vuole progettare e sviluppare nuove soluzioni di business.
    Si pensi alle difficoltà che oggi incontrano le piccole e medie imprese artigiane nell’ottenere finanziamenti eppure rappresentano una realtà locale che potrebbe creare un grande indotto diretto e indiretto.
    E’ giusto che le banche abbiano i loro guadagni e le loro garanzie, nessuno ha intenzione di replicare la crisi dei sub prime in Italia ma le condizioni di salvaguardia che applicano e le remunerazioni ai prestiti sono decisamente fuori mercato.
    Cominciamo a calmierare il livello dei tassi di interesse richiesti: perché sul conto corrente attivo le banche corrispondono un tasso che rispetto a quello richiesto per un prestito è decisamente irrisorio?
    Cominciamo a stringere la forbice tra i due tassi, se non si vuole aumentare quello attivo per il correntista che si abbassi quello passivo per la concessione di prestiti.
    Analogo discorso vale per i mutui sulle case, bisogna che le banche si impegnino in un progetto che non stritoli chi si avvicini a chiedere un mutuo per l’acquisto della casa, tassi troppo alti completamente slegati dal contesto che viviamo. Come fa un giovane a pensare di costruirsi una famiglia se non ha certezza nel lavoro e impossibilità di assicurarsi un alloggio?
    Occorre che le banche tornino a fare funzione pubblica di supporto e non mero business. Vorrei riportare a riguardo questo passaggio di Corrado Passera – amministratore delegato di Intesa San Paolo – durante una conferenza alla Scuola Normale di Pisa: «L’economia è a rischio di declino, ma porta sempre con sé grandi possibilità.
    Il settore bancario riveste un ruolo di grande importanza per l’economia e la società: è un intermediario di denaro e di fiducia, di risparmio (affidato alle banche, che lo investono o lo trasformano in credito): le banche sono decisive perché trasformano ciò che è fermo in qualcosa di mobile, facendo del denaro un’energia che crea investimenti.
    Le banche, dunque, sono presenti in moltissime fasi quotidiane della vita della gente: hanno la funzione di intermediare fiducia, perché ricevono fiducia dalla gente che affida loro i risparmi, ma danno anche fiducia, perché prestano soldi alle aziende che investono: costituiscono un tassello importante del sistema di fiducia della e nella gente.».
    Bene … si impegnino a ricreare la funzione fiduciaria di cui sono portatori rivedendo e riscrivendo le regole di accesso al credito.
    Non è un furbo chi non paga le tasse ma semplicemente un ladro … Parliamo poi della lotta all’evasione fiscale: deve cambiare la mentalità degli italiani… Come viene trattato in America l’evasore? Celebre il caso di arresto di Al Capone: l’evasione fiscale negli Stati Uniti viene punita con pesanti sanzioni finanziarie e con la detenzione. Riporto a tal proposito uno stralcio di un articolo letto sulla Stampa il 2.09.2011 dal corrispondente di New York: «Per provare l’esistenza di una frode gli investigatori prima e il giudice poi puntano ad accertare una serie di elementi convergenti: la ‘consapevolezza’ della scelta di evadere, l’aver fornito ‘false informazioni sui redditi’ al proprio commercialista ed essere stati spinti dalla volontà di ‘tentare di pagare meno di quanto in realtà si dovrebbe’». Esistono anche reati fiscali minori, come ad esempio quello di non includere il proprio «Social security number» – il numero della previdenza – nella dichiarazione dei redditi, che implica una sanzione di 50 dollari, oppure pagare le imposte con assegni falsi, andando incontro ad una sanzione del 2% dell’ammontare. In caso di presentazione di moduli fiscali gravemente incompleti – ma in assenza di frode – si possono arrivare a pagare sanzioni fino a 5000 dollari.
    È recente la decisione dell’Irs di potenza – una unità speciale di investigatori – il cui compito è setacciare le banche all’estero per verificare se vi sono conti correnti intestati a cittadini americani che hanno evitato di dichiararli alle tasse. L’obbligo di far conoscere tutti i propri conti all’estero risale agli ultimi due anni e punta a scoprire se la frode è relativa a entrate di danaro avvenute all’estero di cui il contribuente non ha informato l’Irs.
    Chi si sottrae dal pagare le tasse danneggia tutti. Il sistema di tassazione deve essere più equo. Per essere più equo bisogna detassare sia i singoli cittadini che le imprese ma per abbassare le aliquote serve comunque garantire le entrate allo Stato e per far questo bisogna far pagare le tasse a tutti … Affermazione quest’ultima che non è demagogia ma una necessità non più derogabile.
    Diamo gli strumenti per combattere l’evasione … se c’è la volontà politica si può perseguire l’evasore … e quando parlo di evasore non mi riferisco a chi ha scaricato una spesa medica in una percentuale superiore al previsto ma a colui che evade totalmente o a chi pur guadagnando patrimoni dichiara meno di un operaio.
    Non si può continuare a spremere i lavoratori dipendenti e tutti coloro che dichiarano tutto l’imponibile, consentendo ad altri di evadere sistematicamente sulla scorta della filosofia che prima o poi con un condono si sana tutto.
    Mettiamo mano al sistema fiscale congiuntamente alla lotta all’evasione. Non rimandiamo oltre. Siamo un Paese con tante risorse e con tante menti brillanti, eppure accettiamo come fosse normale che la mancanza di meritocrazia sia una cosa normale a danno di chi potrebbe contribuire a far grande il Paese.
    Siamo abituati a pensare che ormai sia normale che il nostro Paese non investe più nella ricerca e che i giovani più brillanti, se vogliono avere riconoscimenti sulle materie innovative, debbano andare all’estero…ma perché? Un paese che non investe nella ricerca non è solo vecchio a livello demografico ma è destinato ad andare a rimorchio degli altri…ad avere badanti che lo supportino e da cui dipendono e dipenderanno per sempre. Riscopriamo la ricerca e la voglia di migliorarci.
    Torniamo a crescere, torniamo a confrontarci, mettiamoci in torno al tavolo, discutiamo animatamente ma prendiamo a cuore le sorti del nostro Paese al di là del colore politico. Io non ho la formula magica per far uscire dalla crisi il paese però voglio metterci per primo la faccia e stimolare un dibattito, magari qualcuno dirà che le mie idee non sono giuste che ce ne vogliono altre … va benissimo … apriamo un dibattito ma che sia un dibattito su cose serie … chi ha a cuore la sorte del Paese e degli Italiani deve battersi perché tutti si torni ad essere orgogliosi di appartenere all’Italia e che nessuno si permetta di affossarla per inerzia o parlarne male.
    Io sono un esperto di previdenza e mi metto a disposizione, ognuno faccia la propria parte e la politica torni ad ascoltare i suoi elettori
    Troviamo la strada per un nuovo rinascimento italiano.
    E anche gli avvocati escano dal loro torpore.

    * Avvocato in Trento

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    16 Set 2011

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di Dario Banfi tempo di lettura: 1 min
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