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Un’altra mazzata alle prospettive pensionistiche dei lavoratori autonomi

3 Giugno 2010 Lavoro, Previdenza

Le finestre mobili introdotte dall’articolo 12 del Dl n. 78 del 31 maggio 2010 sui trattamenti pensionistici di vecchiaia e anzianità colpiscono maggiormente i titolari di pensione di vecchiaia rispetto alla precedente normativa. I lavoratori autonomi, come al solito, devono fare i conti con un allungamento più consistente.

La manovra della Finanziaria 2010 prevede l’introduzione delle finestre “mobili” sia per pensioni ordinarie di vecchiaia sia per pensioni di anzianità, con un slittamento di dodici mesi per i lavoratori dipendenti e di diciotto mesi per i lavoratori autonomi.

Il provvedimento si applica a partire dal gennaio 2011 ed è “strutturale”, nel senso che dovrebbe essere applicato a tutte le coorti di pensionati che maturano i diritti dal 2011 in poi. Il provvedimento, inoltre, uniforma il pensionamento ordinario di vecchiaia e il pensionamento anticipato per tutti e tre i regimi (retributivo, misto e contributivo).

Mettiamoci nei panni di un professionista della Gestione Separata, che come moltissimi autonomi non è in grado di maturare i 40 anni di contributi pieni e coerenti e pertanto deve aspettare l’età della pensione di vecchiaia (65 anni).

Per noi quarantenni, prima della manovra di Tremonti, la prospettiva era:

  • il sistema contributivo puro (quindi non una lira in più di quanto hai versato nel corso della vita lavorativa);
  • la continua rivalutazione dei coefficienti di trasformazione (andatevi a vedere i coefficienti 2010 dell’INPS che calcola le pensioni come se noi maschietti vivessimo in media fino a 81 anni);
  • dover lavorare fino a 65 anni;
  • versando ogni anno il 26,72% del proprio reddito in contributi previdenziali (ma qualcuno dice che dovranno ancora aumentare!).

Ora, con la manovra un’altra mazzata: la pensione di vecchiaia in ogni caso non l’avrai prima di aver compiuto i 66 anni e mezzo. Si faceva prima a dire che per i lavoratori autonomi la pensione non esiste più e che i contributi previdenziali sono semplicemente un’imposta da dare allo Stato per ripianare i suoi deficit.

Voglio ancora credere in un futuro per il nostro Paese, ma da essere razionale, se trovassi il modo per eludere i versamenti contributivi lo farei ben volentieri, visto che in ogni caso con questo folle sistema, una pensione io non la percepirò mai. Non è certo così che si incentivano le persone a contribuire al bene comune. Non è così che si governa un Paese. Ovviamente ci si è ben guardati di andare a toccare le aliquote previdenziali dei professionisti con Albo e ci si è ben guardati dal toccare le mega-pensioni dei dirigenti pubblici. Come sempre si va a pescare sui diritti di chi non ha voce e di chi verrà dopo (il 2011…).

 

L’articolo è stato pubblicato anche sul blog Generazione PRO PRO del Corriere della Sera .

Romano Calvo

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2 Commenti

  1. Silvestro De Falco

    Reply

    Vorrei aggiungere anche che se continuiamo a lavorare negli anni della pensione ci viene prelevato il 17% del reddito da pagare all’INPS.
    Quindi se io ricevo dall’INPS un assegno mensile di 1200 euro e intanto continuo a lavorare e guadagno 40000 euro all’anno, devo pagare all’INPS 6800 euro, o 566 euro al mese.
    Silvestro De Falco

    3 Giu 2010
  2. Dilva Giannelli

    Reply

    C’è chi invece – e sono tanti -, il lavoro non ce l’ha ora a 57 anni figuriamoci a 67….

    Quindi adesso basta!
    E’ ora che il governo dichiari pubblicamente il suo obiettivo: vederci tutti morti.

    Il lavoro non c’è, gli ammortizzatori sociali nemmeno, la pensione non esiste più e allora, che il governo la smetta con le sue schifose ipocrisie e distribuisca l’eutanasia!

    Dobbiamo scendere in piazza e urlare la nostra – per ora – esistenza!

    3 Giu 2010

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Un’altra mazzata alle prospettive pensionistiche dei lavoratori auto…

di Romano Calvo tempo di lettura: 2 min
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